IL PRIMO VOLO DI GABBO E DANIELE
Gabbo era ancora dentro il suo uovo. Non vedeva l’ora di conoscere la sua mamma, la gabbianella più bella di tutta Roma, ma non sapeva quanto fosse bella la vita fuori dal suo uovo.
Fino a quel momento Gabbo non aveva mai aperto gli occhi perché il suo uovo era pieno d’acqua. Quel guscio iniziava però ad essere un po’ strettino, allora decise di fare un piccolo buco con il becco per far uscire tutta l’acqua ed aprire finalmente gli occhi. Gabbo si spaventò molto perché insieme a lui c’era un altro pennuto. Non era grigio, era giallo.
Sembrava proprio un pulcino di gallina. In fondo all’uovo c’era ancora un po’ di quella sabbia magica con cui Gabbo giocava sempre. Forse saranno stati proprio quei granelli lucenti a far entrare il piccolo polletto Daniele.
«Aaaah, che paura, che ci fai tu qui nel mio uovo?».
«Sono venuto a raccontarti quello che c’è fuori da questo guscio». «Ma cosa dici? Fuori dal mio uovo non c’è proprio nulla!». «No caro mio, fidati di me, basterà solo uscire da qui».
Gabbo e Daniele provarono a scuotersi un po’, ma l’uovo non si ruppe; provarono a rotolarsi, ma guscio era troppo resistente; pensarono allora di usare le loro piccole penne per allargare il buchetto che la gamba aveva creato qualche ora prima. Improvvisamente arrivò una tempesta che fece entrare nuovamente l’acqua nell’uovo dal piccolo buco. Per la paura i due iniziarono a saltellare fino a che caddero giù, giù, giù, fino ad arrivare su un lungo ramo di un grande albero.
Fu proprio lì che l’uovo si schiuse. Gabbo rimase a becco aperto perché i suoi occhi vedevano tante nuvole, foglie verdi e bambini che stavano giocando.
La mamma nel frattempo stava pescando dell’ottimo pesce fresco a Fiumicino, lasciando l’uovo incustodito. Il piccolo gabbiano provò a scendere da solo dall’albero per giocare con quei buffi bambini, ma perse l’equilibrio e finirono entrambi su uno scivolo blu di circa 1,5 m. Poco dopo la mamma tornò sul suo solito tetto, ma il suo piccolo uovo non era più lì. Spiccò subito il volo e girò ogni angolo della città, fino a che, abbassando lo sguardo, vide il suo piccolo in mezzo ai bambini. La mamma si arrabbiò molto con Gabbo, ma anche con il pollo, perché tutti i volatili sanno bene che gli umani sono pericolosi. Iniziò allora a cacciarli via con le sue grosse ali. Le maestre Viola, Giulia e Assunta portarono subito i loro alunni nelle classi.
I giorni passavano e il cibo iniziava a scarseggiare. Gabbo e Daniele erano intrappolati in quella recinzione. Il viaggio dalla Scuola a Fiumicino era troppo lungo e il becco della mamma era troppo piccolo per portare il pesce necessario per Gabbo. Fortunatamente la mamma era la gabbianella più bella di tutta Roma e i gabbiani innamorati di lei avevano organizzato una gara di pesca per pescare più pesci possibili per fare colpo su di lei. Gabbo e Daniele si ritrovarono così una montagna di pesce. I giorni passavano, la pancia si riempiva, ma la curiosità di Gabbo di conoscere il mondo non finiva mai. Insieme al pulcino escogitò un piano: dovevano imparare a volare. Provarono a fare cinque saltelli, ma l’unico risultato fu che Gabbo andò a sbattere al vetro; provarono allora ad arrampicarsi sulla corda appesa alla rete, ma si misero a piangere e decisero di scendere; tentarono con una bella spinta, ma le loro ali non erano abbastanza grandi; provarono infine a chiedere aiuto agli esseri umani, anche se la mamma si era raccomandata di stargli lontano. Gabbo bussò alla finestra e una bambina con i capelli castani
lo prese in braccio e gli fece vedere la classe. Il gabbiano non aveva mai visto così tanti cartelloni, orologi e colori. Con l’aiuto di Suor Cora, Gabbo arrivò fino al tetto, mentre Daniele, che era rimasto nel giardino, aveva costruito un tappeto di soffici foglie per provare il volo in sicurezza.
Tutto era pronto, ma mancava il tassello finale: un po’ di coraggio. Guardando giù e vedendo tutte quelle foglie, Gabbo si tranquillizzò, fece un lungo respiro, guardò ancora una volta Daniele
che era così fiero di lui, si lanciò e riuscì a volare. Il pollo Daniele scoppiò in un pianto di gioia, ma anche di tristezza, perché i polli non possono volare. Improvvisamente però le foglie
diventarono magiche, formarono un aquilone, Daniele ci salì sopra e raggiunse Gabbo. Il potere dell’amicizia aveva permesso ad entrambi di volare.
C.R.E.S. Scuola Primaria Istituto San Francesco di Sales, animatrice Alessia