Parole non dette

La piccola sveglia sul comodino in legno chiaro suonò. Erano la 5,30 e la sua camera da letto era inondata da una luce dorata come solo l'alba della sua città sapeva creare.

Anche se in realtà Napoli era solo la sua città adottiva. Giovanni, infatti, capelli bianchi, portamento eretto e occhi vigili e attenti, nonostante gli ottant’anni suonati, era nativo di un piccolo borgo degli Appennini Abruzzesi. Ma, dopo che era mancata la moglie, suo figlio continuava a dirgli:

- Papà, alla tua età non puoi restare da solo. Se verrai a Napoli ti staremo vicini e potrai godere della presenza costante dei nipotini.

Questo discorso a Giovanni non andava proprio giù. Solo? Lui? Ma se continuava ad essere un punto di riferimento per i compaesani anche dopo aver chiuso i battenti della sua bottega di falegnameria! Tutti lo cercavano per avere un consiglio, chiamandolo “l’intellettuale”, a causa della sua passione per la lettura. Le vecchie comari, poi, venute a conoscenza della sua vedovanza, si erano letteralmente scatenate per contendersi le sue grazie. Giovanni si negava loro con delicatezza.

- Non valete neanche un’unghia della mia Rosetta! – borbottava tra sé e sé

Però alla fine aveva ceduto all’insistenza del figlio e si era trasferito a Napoli.

In città aveva mantenuto le sue abitudini contadine: sveglia all’alba, una visitina in Chiesa giusto per mantenere un bel rapporto d’amicizia con il buon Dio, perché a quell’età non si sa mai cosa può succedere e poi via verso la casa del figlio per accompagnare a scuola e all’asilo i nipoti.

- Papà, ti stanchi, lascia perdere, facciamo noi! – protestava il figliolo temendo per la sua salute.

Anche in quel mattino di maggio, Giovanni si avviò verso la sua meta, a passi lenti, ma sicuri. Essere anziano non costituiva un problema. Aveva condotto una vita soddisfacente ed era consapevole e fiero dell’esperienza accumulata e poteva vantarsi di possedere ancora un’ottima salute. Ma da quando era venuto a vivere in città, provava spesso una sensazione di leggero disagio. Forse era colpa della gente che andava sempre di fretta e che spesso l’urtava, come se fosse di troppo. Attraversare la strada a Napoli, poi, era una vera e propria impresa e montare sull’autobus richiedeva la velocità e la falcata di un atleta. Da qualche tempo Giovanni iniziava a provare un certo rimpianto per l’agilità, la bellezza e la forza della giovinezza che spadroneggiavano nelle trasmissioni e nelle pubblicità radiotelevisive.

In quella mattina dorata, Giovanni decise di avviarsi a piedi.

- Tanto dispongo di tutto il tempo che voglio. – pensava – E respirare a pieni polmoni il profumo del mare dà sempre un grande piacere.

Guardò con distacco le auto che sfrecciavano in mezzo alla strada, i cui autisti suonavano il clacson ad ogni minima contrarietà.

- Almeno oggi, non prendendo i mezzi, mi risparmio questo calvario – si disse osservando il traffico impazzito.

Giunse così in Piazza del Plebiscito. Scattò il rosso. Giovanni si concesse un momento di relax. Un semaforo a Napoli era quasi un’eccezione. Il suo sguardo si posò sul cartellone di fronte. Era la pubblicità di una favola musicata che, presto, sarebbe stata rappresentata nella sua città.

- Dev’essere divertente – pensò – quasi, quasi ci porto i miei nipotini.

Era assorto in questi pensieri, quando improvvisamente il cartellone iniziò a girare su se stesso finché i colori si fusero in un’unica soluzione cromatica. Sembrava una giostra impazzita!

- Sto morendo! – mormorò Giovanni allibito – D’altronde a quest’età può anche capitare.

Chiuse gli occhi per un attimo, ma quando li riaprì, non era cambiato nulla e il cartellone sembrava una girandola. Ad un tratto il movimento rotatorio cessò, ma le stranezze non erano ancora terminate. I colori della pubblicità iniziarono a muoversi e a mescolarsi fra loro come la lava di un cratere vulcanico.

- È la fine – concluse l'anziano signore, recitando una breve preghiera.

Poi però, come per incanto, tutto si quietò e pareva di essere ritornati alla normalità, se non fosse stato per una piccola figura che emerse dalla carta come un pezzo di un puzzle.

Inizialmente la forma era confusa, ma quando si avvicinò, Giovanni si rese conto che si trattava di una ballerina un po’ particolare. Oltre al tradizionale tutù, aveva sul capo un lungo velo che scendeva fino a quasi toccare terra e la faceva somigliare ad una piccola madonna.

- Ciao Giovanni! – lo salutò la strana figurina, con un piccolo inchino.

- Chi sei? La guardiana del Paradiso? – chiese l’uomo un po’ sconvolto

- No Giovanni – rispose la ballerina – sei vivo e vegeto, nonostante la tua età e per questo sei ancora così pieno di desideri!

- Ma tutto sommato, mi sembra di essere abbastanza soddisfatto – replicò l'uomo – il mio lavoro mi piaceva da morire, ho avuto una moglie adorabile e due bei figli e adesso ho perfino degli splendidi nipotini!

La ballerina sorrise maliziosa.

- Non ne sono proprio sicura!

In quel momento un ragazzo aitante passò con gli schettini accanto a Giovanni e lo urtò. L'uomo dovette appoggiarsi alla figura magica per non cadere.

- Hai ragione, hai vinto, ballerina velata – sussurrò con un sospiro – è proprio bello essere giovani!

L'incantesimo della ballerina velata era perfettamente riuscito. Giovanni non smetteva di gioire per la ritrovata giovinezza. Correva su e giù per le scale e si fermava sul pianerottolo, soddisfatto, senza avere il minimo fiatone. In strada camminava rapido a testa alta, con lo sguardo fiero.

- Vedete come sono bello? – sembrava dire.

L'autobus era diventato il suo pezzo forte: montava sui gradini di slancio e si piantava dritto sui due piedi senza nemmeno appoggiarsi al corrimano, insensibile ai continui sussulti dell'automezzo.

Presto però questo stato di euforia si attenuò.

- Se sono giovane – si disse – occorre che lavori, non posso certo fare il bellimbusto!

Giovanni si lanciò, pieno di entusiasmo, alla ricerca di un impiego. Non si considerava un tipo difficile, ma trovare un lavoro si presentò subito come un problema di non facile soluzione. Dopo giorni trascorsi in giri estenuanti, un’agenzia interinale lo collocò presso il Call Center di una nota Compagnia Area.

- Nessuna sicurezza, nessuna prospettiva si tratta solo di un lavoro a chiamata – aveva risposto l’impiegato alle sue insistenti domande.

Così, nella nuova veste di “precario”, Giovanni trascorreva il tempo rispondendo ai noiosissimi quesiti posti dai clienti. Abituato ad un lavoro creativo, non vedeva l’ora che giungesse il momento della pausa per fare quattro chiacchiere con gli altri. Ma nel locale dove i colleghi si rilassavano, si trovò davanti ad uno strano scenario. Tutti i ragazzi non parlavano fra di loro, ma tenevano lo sguardo incollato sul display del cellulare, scrivendo o leggendo messaggini. Solo due fanciulle facevano eccezione: bisbigliavano fitte, ma senza perdere di vista, con la coda dell'occhio, il proprio telefono.

- Forse é meglio che mi metta a leggere – pensò Giovanni rassegnato.

Tirò fuori dalla tasca “I Promessi Sposi” che portava sempre con sé.

- Ehi, cosa stai leggendo? – gli chiese un giovane con i capelli impomatati

- Sono i Promessi Sposi, veramente lo conosco quasi a memoria, ma certe pagine mi commuovono sempre – rispose Giovanni felice di attaccare discorso con qualcuno.

- I Promessi Sposi? È quel libro noiosissimo che studiavamo a scuola? Ma lo sai che hai i gusti di mio nonno? Io non leggo affatto – aggiunse allontanandosi – se voglio sapere qualcosa uso Wikipedia. Grande Wikipedia!

E accompagnò la frase con un ampio gesto delle braccia.

Giovanni un po’ deluso si rituffò nella lettura.

Intrecciare delle relazioni non sembrava tanto semplice! Eppure era giovane e bello, ma dopo il primo approccio approfondire il rapporto con i coetanei risultava complicato.

Così, passeggiando, Giovanni giunse di fronte ad una palestra che aveva in corso delle promozioni.

- Per conoscere gente – pensò – iscrivermi ad un Circolo é proprio quello che ci vuole!

Ed entrò con piglio deciso nel portone.

Da un angolo in penombra, la ballerina velata lo osservò con un filo di apprensione nello sguardo.

Il responsabile della palestra lo accolse con un grande sorriso.

- L'accompagno a fare un breve giro per rendersi conto di persona come siamo organizzati – disse. Giovanni lo seguì pieno di curiosità ed entusiasmo.

Ma, dietro la grande vetrata, apparve uno spettacolo assolutamente non previsto. Almeno dieci persone, di entrambi i sessi, correvano sui tapis roulants con gli auricolari e lo sguardo fisso su un grande schermo dove, una cantante di colore si esibiva in una danza forsennata. Chi non era impegnato in queste attività, si allenava con attrezzi o pesi rimirandosi nei numerosi specchi disseminati nel locale.

- Esiste un luogo di ritrovo, per il dopo sport? – chiese Giovanni un po’ perplesso.

- Il personale costa giovanotto – rispose l’uomo – c’è solo la macchinetta per il caffè e le bibite. E poi un bar non servirebbe a niente, tutti vanno di fretta!

Giovanni uscì un po' demoralizzato. Possibile che fosse così difficile fare amicizia?

Mentre andava a zonzo senza meta, la ballerina velata gli si mise di lato e lo tirò per una manica. Giovanni si girò e scorse l'insegna della biblioteca comunale.

- Almeno lì posso trovare dei ragazzi con i miei stessi interessi – pensò.

Entrò e si mise a leggere, ma il suo animo era terribilmente inquieto.

- Come mi piacerebbe avere una ragazza, mi sento tanto solo! – sospirò

Nell’alzare il capo vide la ballerina che sollevava verso l’alto il suo velo: una lunga scia di pulviscolo dorato andò ad illuminare lo sguardo di una fanciulla seduta poco distante.

- Mio Dio! – pensò Giovanni – Non ho mai visto degli occhi così belli, color fiordaliso!

La luce sparì all’improvviso ed il ragazzo ebbe modo di osservare attentamente la sconosciuta.

- E' un angelo caduto dal cielo – pensò e le sorrise.

La giovane ricambiò immediatamente.

Il ragazzo provò ad immergersi di nuovo nella lettura, ma ormai la concentrazione era svanita.

La fanciulla si alzò per riportare il libro e cambiò tragitto, fermandosi proprio accanto a Giovanni.

- Non sei di qua, vero? – gli sussurrò con voce celestiale

- Sono abruzzese e mi sono trasferito a Napoli da poco – farfugliò il ragazzo emozionatissimo, senza neanche capire bene cosa stava dicendo.

- Beh, allora non avrai tanti amici. Se usciamo ti posso presentare qualcuno.

- Venerdì sera alle otto, andrebbe bene? – propose Giovanni, a cui sembrava di sognare.

- Fatto! – rispose allegramente la fanciulla – A proposito, mi chiamo Beatrice.

E gli allungò un bigliettino con indirizzo e numero di cellulare.

Quando se ne fu andata, Giovanni tentò di riprendersi dalla rapida avventura. Quello che lo aveva colpito maggiormente, oltre alla bellezza della giovane, era stata la sua disinvoltura e la facilità con cui tutto era accaduto.

- Vuol dire che adesso si usa così – ragionò – evidentemente le donne prendono l'iniziativa. Tanto meglio!

E sorrise sornione pensando a quanta fatica aveva dovuto fare per ottenere il primo appuntamento con la sua Rosetta.

Restituì il libro ed uscì a passo svelto dalla biblioteca mentre la ballerina lo seguiva volteggiando.

Quel venerdì era proprio una giornata speciale.

Giovanni l'aveva capito nel momento stesso in cui si era alzato. Finito il turno al call center, si buttò con tutte le energie che aveva in corpo a cercare il ristorante adatto per cenare con la sua bella, scegliendo anche con attenzione il tavolo più idoneo per poter conversare tranquillamente con lei. Alle 20 precise aspettava Beatrice sotto casa sua, tirato a lucido e con un enorme mazzo di rose rosse tra le mani.

La fanciulla si presentò poco dopo con un abbigliamento che deludeva un po' le sue aspettative romantiche: giubbotto di pelle e 2 caschi in mano

- Il ristorante è vicino, non abbiamo bisogno della moto – obbiettò Giovanni con voce esitante

- Ma quale ristorante, gli amici ci aspettano per una happy hour. Tranquillo ti divertirai! – disse lei accorgendosi del viso perplesso del giovane.

Giunti a destinazione, Giovanni constatò che l'atmosfera era piacevole, ma una musica assordante e il continuo via vai delle moto, rendevano quasi impossibile la conversazione. Il tempo trascorse veloce, giunse l'oscurità e il ragazzo iniziò a spazientirsi.

- Ti va di fare due passi, lungo il mare? – propose guardando lo splendido cielo trapuntato di stelle.

- Ma se adesso arriva il bello! – esclamò Beatrice con voce squillante – Si va tutti in discooo!

E così, suo malgrado, accompagnato dal rombo generale dei motorini, Giovanni venne catapultato nel locale più alla moda della città.

Non aveva idea di cosa fosse una discoteca: luci intermittenti un frastuono infernale e una miriade di giovani ammassati in pista come sardine. Beatrice si gettò subito nella mischia e Giovanni restò ad osservarla con tenerezza.

- Ma stai sempre in gruppo? – le chiese dolcemente quando si avvicinò – Non senti mai il bisogno di stare da sola?

- A casa passo molto tempo sola – rispose Beatrice con voce triste – i miei sono così impegnati! Per me il gruppo è tutto, altrimenti mi vengono le crisi di panico.

E ricominciò subito a ballare.

Giovanni si alzò, si avvicinò al disk jockey e approfittando, di un momento di pausa, gli strappò il microfono

- Mi chiamo Giovanni Polillo e VOGLIO COMUNICARE!!! – urlò con tutta la voce che aveva nei polmoni.

E corse fuori dal locale, seguito dallo sguardo esterrefatto di Beatrice e dei suoi amici

L'aria fresca della notte lo calmò immediatamente. Si coprì il volto con le mani e assaporò tutta la sua amarezza. Si aspettava di trascorrere una serata ben diversa!

Una piccola luce iniziò a brillare davanti ai suoi occhi. In un primo momento gli sembrò una lucciola, ma poi, osservando meglio, si rese conto che si trattava della ballerina velata.

- Cosa c'è, sei triste? – gli chiese

- Pensavo di far esperienze differenti tornando giovane! – rispose Giovanni con un po' di disappunto - Hai solo sottovalutato il senso di ogni età. Qualunque periodo della vita ha la sua magia e il suo significato.

- Voglio tornare a casa, mi mancano tanto i miei nipotini!

- Ti accontento subito – disse sorridendo la ballerina e lo coprì con il suo candido velo.

Tutto intorno iniziò a girare. Giovanni si sentì risucchiare da un vortice d'aria chiuse gli occhi e quando li riaprì si ritrovò seduto sulla sua poltrona preferita con qualche doloretto alle ossa.

Giovanni tornò alla vita di sempre con una sensazione di profondo benessere nel cuore.

Anche se la sua andatura era tornata ad essere lenta e un po' malferma, non gli succedeva più come prima di provare invidia quando ragazzi nel fiore degli anni gli passavano accanto.

- Certo avere tutta la vita davanti e poter fare progetti a lungo termine é meraviglioso – pensava – ma quante problematiche e fragilità sono racchiuse in un'età che sembra essere vincente!

Grazie alla sua avventura si sentiva più forte, consapevole e desideroso di condividere con gli altri l'esperienza maturata.

Con questo stato d'animo, arrivò alla casa del figlio. Era un pomeriggio soleggiato con una luminosità speciale, ma trovò ugualmente, nonostante la bella giornata, i nipotini rannicchiati davanti alla televisione. Con piglio deciso si avvicinò all'apparecchio e lo spense.

- Nonno cosa fai? – strillò il più grande – Sono i nostri cartoni preferiti!

- Oggi iniziamo un nuovo gioco – sentenziò Giovanni in tono solenne

- Ma quale? - chiese con impazienza il piccolo, vedendo che era arrivato a mani vuote senza l'ombra di un regalo.

- Costruiamo noi una fiaba.

- Cosa? – gridarono in coro i due bambini

- Io sceglierò i personaggi e poi inventeremo il seguito di sana pianta.

I piccoli iniziarono il gioco diffidenti, però, man mano che la narrazione procedeva, erano sempre più entusiasti. Alla fine erano talmente coinvolti da non accorgersi che i genitori erano già rientrati.

- Cosa fate di bello? – chiese la mamma chinandosi a baciare il più piccolo.

- Il nonno dice che dobbiamo usare di più la fantasia e smettere di stare tanto tempo davanti alla televisione.

- Veramente? – rispose la donna distratta dalle sue incombenze.

E sparì in cucina.

Poco dopo si sedettero a tavola mentre stava iniziando l'edizione serale del telegiornale. Giovanni si alzò e spense per la seconda volta il televisore.

- Papà sei impazzito? – gli urlò il figlio visibilmente seccato – Lo sai che voglio ascoltare le notizie.

- Dopo avrai tutto il tempo per farlo – rispose pacato il padre – ora è il momento di scambiarci le nostre.

Dopo un attimo di silenzio colmo di contrarietà, tutti iniziarono a chiacchierare stupiti di avere così tante cose da dirsi.

Era tempo che non passavano più una serata così bella!

 

 

Cristina Manuli