Il vecchio ulivo

Accendo il computer. Oggi è più lento del solito. Si rifiuta di connettersi ad internet. Non amo questo mostro che ormai condiziona tutta la nostra vita.

Una volta, uscendo da casa, veniva spontaneo lanciare uno sguardo alla cassetta delle lettere – cara vecchia cassetta delle lettere – ormai sempre malinconicamente vuota oppure riempita di stupida pubblicità, quando non ci sono bollette da pagare o … multe.

Pur non amando il computer, mi sono abituata a controllare la mia posta elettronica perché ormai ho una rete di contatti e comunico anch’io, vecchio dinosauro, con questo mezzo.

Ma oggi no, non ci riesco e questo mi infastidisce. Perché una macchina deve con- dizionare la mia giornata? Vorrei uscire ma non ne ho voglia, avrei tante cose da fare in casa ma non ne ho voglia, dovrei … dovrei … ma non … ma non …

E allora? Posso solo fantasticare e perdermi nei miei pensieri di fuga.

Guardo fuori dalla finestra e sul mio balcone una straordinaria fioritura di calle candide mi ridà l’allegria. Passo in rassegna tutte le mie piante e scopro che una piccola pianta grassa spinosa si sta riempiendo di minuscoli fiori rossi. Una farfalla gialla si posa sui gerani, è delicata e vorrei che si fermasse ma vola via subito in cerca di fiori che ormai in città sono sempre più rari e forse anche sporchi.

Anche l’ulivo sta fiorendo. Poverino. Da tanti anni sta in un grosso vaso sul balcone ed è cresciuto tanto. Penso che se fosse piantato in terra diventerebbe una pianta superba. Guardando le sue foglie cangianti e i suoi timidi fiorellini bianchi, immagino di immergermi nella sua chioma e mi sembra che lui mi racconti la storia dei suoi antenati.

Mi ritrovo in un paesaggio antico fatto di terra fertile, cielo pulito e un gregge di pecore bianche bruca pigramente l’erba rigogliosa sul fianco della collina.

Quando un vecchio ulivo contorto comincia a parlare: la sua voce è profonda, calma ma anche tanto, tanto malinconica.

“Sono nato su questa terra e qui sono cresciuto, come tanti miei fratelli prima di me e insieme a me. Tanti altri alberi come noi nasceranno e cresceranno grazie all’aiuto degli uomini e doneranno ancora, in cambio delle cure ricevute, i loro preziosi frutti.

Siamo felici della nostra amicizia con gli uomini anche se sappiamo che la nostra vita sarà sempre più difficile perché loro saranno sempre più numerosi e per noi ci sarà sempre meno spazio per vivere. La nostra terra, così preziosa, sarà divorata dal cemento e dall’asfalto.”

Così diceva il vecchio ulivo mentre lo ascoltavo incantata. Un altro rammarico affliggeva il vecchio albero e me ne fa partecipe.

“Perché gli uomini continuano a servirsi di noi come simbolo di pace? Sanno gli uomini cosa vogliono dire, veramente, pace e fratellanza?”

Mi richiama bruscamente alla realtà lo stridìo di una sega elettrica: stanno abbattendo il grosso, meraviglioso pino che da tanti anni vedo dalla finestra della mia camera e poco più in là, due individui volgari si scambiano improperi per il possesso di un parcheggio.

 

(Rossana Bonadonna)