Il rifugio delle illusioni

La piccola sveglia sul comodino in legno chiaro suonò. Erano la 5,30 e la sua camera da letto era inondata da una luce dorata come solo l'alba della sua città sapeva creare.* Fuori una gelida giornata di dicembre invogliava a starsene sotto le coperte, ma Elinor doveva buttarsi giù dal letto. Mancavano pochi giorni alle vacanze di Natale e doveva sbrigare un sacco di faccende, fra cui comprare i regali natalizi per la sua famiglia, prima di tornare a casa. Era il primo anno che si ritrovava a vivere il magico periodo che precedeva il Natale da sola. Si era dovuta trasferire per studiare all’università, ma  fortunatamente casa sua distava solo un’ora, quindi, quando la nostalgia l’attaccava con violenza, lei non doveva far altro che prendere il primo treno e tornare in quell’ambiente caldo e  rassicurante. Lì era sempre la benvenuta ed ogni volta l’accoglievano con dolci e prelibatezze di ogni tipo.

Elinor era sempre stata entusiasta di scegliere con cura i regali per ogni membro della sua famiglia, ma quest’anno farlo la rendeva triste. C’era un regalo in meno nella lista, la sua adorata nonna era morta qualche mese prima e non passava giorno in cui non la pensasse. Era stato un colpo basso per lei, era come se avesse perso una mamma, una migliore amica, una maestra di vita. Sua nonna rappresentava tutto per quella dolce ragazza e ora non c'era più. L’unica cosa che le restava di lei era una collana con un piccolo orologio. Elinor ne era affascinata fin da bambina e sua nonna le aveva raccontato che era stato tramandato dalla sua bisnonna e che un giorno sarebbe stata lei l’erede.

L’acqua le scorreva sul corpo bianco e morbido, mostrandola nella sua bellezza più rara. Una doccia calda era sempre il modo migliore per iniziare la giornata e dopo essersi vestita e coperta per bene, Elinor prese la borsa ed uscì di casa con un sorriso che cercava di nascondere la malinconia del suo sguardo. Il viaggio verso i grandi magazzini fu piuttosto lungo quella mattina, c’era molto traffico e all’arrivo Elinor si diresse subito verso il negozio di giocattoli, dove tra peluche, macchinine e trenini elettrici scelse con cura una bambola per la sua sorellina. Poi entrò in un’enoteca per prendere il liquore al cioccolato che suo padre e suo nonno adoravano da impazzire: era ormai diventata una tradizione berlo dopo il pranzo di Natale.

A quel punto mancava solo il regalo per sua madre. Passeggiando, rimase incantata dalla vetrina di una gioielleria e decise di entrarci. Dietro il bancone c’era un vecchietto dai capelli bianchi con uno sguardo furbo che accolse Elinor con grande gentilezza, mostrandole i gioielli più particolari del negozio: bracciali di perle, pietre preziose, collanine d’oro e di argento, orologi colorati e bizzarri.

Improvvisamente, il vecchio notò la collana che Elinor portava al collo e chiese alla ragazza di poterla esaminare.

- Ti offro in cambio la pietra più preziosa che ho in negozio. – propose con una strana luce negli occhi.

Elinor era davvero sorpresa, il gioielliere le stava offrendo uno smeraldo grande quanto il palmo della sua mano. Non aveva mai visto un incanto simile e si sentiva stregata dallo splendore di quella gemma, ma si rese subito conto che per lei non c’era niente di più prezioso della collana di sua nonna, che gliel’aveva donata col cuore.

- Ma perché ci tiene tanto ad averla? – chiese al vecchio, che però non rispose e si limitò ad aumentare in maniera assurda la sua offerta.

Elinor si indispettì, pensò che sotto c’era un imbroglio e così strappò la collana dalle mani del vecchio ed uscì di corsa dal negozio, senza neanche salutare. Era sicura che sua nonna sarebbe stata fiera di lei in quel momento, ma non poteva neanche lontanamente immaginare quanto fosse importante la scelta che aveva fatto, perché il magico segreto della collana le sarebbe stato rivelato solo qualche giorno dopo.

Quella mattina Elinor fu risvegliata bruscamente dalle urla della sua sorellina.

- È Natale, é Natale! – gridava con gioia.

Guardandosi attorno si rese conto di essere finalmente a casa sua. Piena di energie raggiunse in salone i suoi familiari, che erano intenti a scartare i regali. C’era un’atmosfera molto allegra, tutti sorridevano, ma Elinor sentiva un peso sul cuore. Non riusciva ad essere completamente felice e quasi invidiava la spensieratezza degli altri. Fissò con nostalgia la collanina di sua nonna, che aveva lasciato in lei un vuoto incolmabile e quasi le sembrò di udire la sua voce.

Improvvisamente le lancette dell’orologio cominciarono a muoversi molto velocemente in senso antiorario, tutto ciò che c’era attorno scomparve e l’unica cosa che la ragazza riusciva a scorgere era una luce bianca accecante che la stordiva.

- Buon Natale, Elinor! – le disse una voce che conosceva bene.

Non era possibile, la mente le stava giocando un brutto scherzo, non poteva essere la voce di sua nonna! Ma poi si rese conto che era proprio così, il vuoto incolmabile che poco prima le stava spezzando il cuore ora si riempiva di luce. Corse ad abbracciarla, stringendola forte e guardandosi intorno scoprì che oltre a sua nonna, c’era tutto ciò che aveva sempre desiderato, tutte le persone a cui aveva donato pezzi di sé e che poi l’avevano abbandonata, ma che lei continuava ad amare nel proprio silenzio. Ora finalmente quei pezzi si erano riuniti e per la prima volta nella sua vita Elinor si sentiva completa e viva. Questo era il segreto della collana: donare al possessore tutto ciò che desiderava e rendere reali le illusioni della vita. C’era solo un limite, l’incantesimo durava al massimo un’ora al giorno, anche se Elinor era libera di decidere quando.

La ragazza si sentiva la più felice del pianeta, ma era questa la felicità?

Per un mese utilizzò tutti i giorni la magia, ma le persone intrappolate nel mondo delle illusioni erano tantissime e un’ora le sembrava troppo poca. Elinor trascorreva le sue giornate in attesa della prossima ora magica, era ormai dominata da quell’incantesimo e trascurava la sua vita reale. Non aveva più amici, il suo studio barcollava e la sua media si stava abbassando. I suoi familiari non riuscivano a comprenderla, i ragazzi cominciavano a guardarla come una tipa strana, ma tutto ciò non le importava. Le persone che contavano veramente per lei erano nel mondo magico e la dolce Elinor sembrava ormai assente agli occhi di tutti. Quel mondo la stava risucchiando poco a poco, svuotandola, ma nel contempo rendendola felice. Elinor stava trasformando quel dono prezioso in una maledizione ed era totalmente inconsapevole di ciò.

Un giorno Elinor si svegliò particolarmente triste, cominciava a rendersi conto che il mondo delle illusioni non era abbastanza per renderla davvero felice.

Utilizzò la magia e le apparve sua nonna che le parlò in tono affettuoso e preoccupato.

­ Elinor, perché rimani attaccata alle cose perdute? Perché continui a guardarti indietro e non avanti? Il mondo delle illusioni non è altro che il tuo passato, ma non ti ho dato questo dono con l’intenzione di farti vivere prigioniera dei ricordi! Ti servirà nei momenti difficili, ma non devi abusarne, non devi dimenticarti di vivere la tua vita! Sei indifferente ai giorni che scorrono e rinunci a viverli perché sei troppo concentrata sul tuo passato. Non ti accorgi che stai perdendo l’opportunità di incontrare tantissime persone, di fare importanti esperienze per crescere, di spalancare porte verso la felicità? A cosa serve rifugiarsi nelle illusioni e dimenticarsi di vivere?

Sentendo queste parole Elinor chinò il capo, si rendeva conto che sua nonna aveva pienamente ragione. Non rispose niente, l’abbracciò forte e lasciò quel mondo perché aveva bisogno di riflettere e pian piano prese consapevolezza della sua situazione. Elinor si sentiva un fiore che faticava a sbocciare per la paura di soffrire ancora.

­ Almeno in quel mondo – si diceva – sono al sicuro, lì nessuno potrà mai più ferirmi.

Il suo, però, non era di certo il volto della felicità.

Scoraggiata, andò nel salone a coccolare un po’ la sua sorellina che era intenta a guardare un cartone animato.

­ Il fiore che sboccia nelle avversità è il più raro e il più bello di tutti. ­ diceva il protagonista in tv ­ Ricordati chi sei.

Lo sguardo di Elinor si illuminò di una luce nuova e la ragazza si rese conto che era giunto il momento di abbandonare le sue paure. Vivere a metà era come essere morti dentro ed anche il dolore poteva trasformarsi in un’esperienza positiva, perché è dalle crepe del cuore che entra la luce di cui abbiamo bisogno. Elinor doveva trasformare la sua debolezza in forza, anche per lei c’era amore nel mondo reale e doveva solo prenderlo senza paura. Capì che i ricordi erano importanti da custodire, ma non bisognava fare di essi un rifugio, era meglio crearne altri e considerare ogni giorno una nuova opportunità di riscatto verso un mondo a volte grigio e spaventoso. Voleva colorare il suo mondo e come il bruco che finalmente diventa farfalla, Elinor quel giorno ruppe la corazza che l’imprigionava e si lanciò nella fantastica avventura della vita.

Guardò la collana per l’ultima volta, poi la ripose nel suo cassetto dei ricordi. Per ora non ne aveva bisogno, perché il dono più importante era l’insegnamento derivato da quell’esperienza, un dono che non avrebbe mai dimenticato.

Antonella Venezia

*Incipit tratto da Se solo fosse vero di Marc Levy