I mesi dell'arcobaleno

La piccola sveglia sul comodino in legno chiaro suonò. Erano la 5,30 e la sua camera da letto era inondata da una luce dorata come solo l’alba della sua città sapeva creare.

Dal mese di maggio la fissazione di Lara era quella di puntare la sveglia seguendo il calendario solare dell’alba. Tutte le sere spostava la lancetta anche di un solo minuto, perché per lei era importante rincorrere l’arrivo della luce.

Erano le 5.30 del primo lunedì di giugno e come ogni mattina Lara si precipitò alla finestra e la spalancò. L’alba si realizzò, ancora una volta, sotto forma di giochi di prestigio degni di abili illusionisti. Dalla finestra vedeva gli angeli di Ponte Sant’Angelo mutare i loro chiaro scuri e anche il Tevere cambiava colore giorno dopo giorno.

Per Lara osservare l’alba era stata una scoperta che aveva ribaltato le convinzioni di tutte le sue esperienze precedenti. All’alba c’è un istante magico in cui tutto può succedere e tutto può cambiare. Questo era il mantra che Lara ripeteva da tempo, ma solo da una settimana ne aveva preso coscienza: tutto può succedere e tutto può cambiare, non le restava che mettersi in gioco.

Si allontanò dalla finestra e si mise davanti a un grande specchio, osservando attentamente il suo viso e facendo l’inventario delle tracce del tempo ruga per ruga. Si guardò la nuca, fiera del nuovo taglio e si passò le dita tra i capelli che si fermavano appena sopra le orecchie.

Come si chiamava quella pettinatura ultra moderna? Sì, pixie cut! Un’acconciatura spettinata e sbarazzina che le regalava dieci anni di meno.

Ora era pronta, era forte, poteva danzare con la sua vita. La radio trasmetteva una vecchia canzone di Paolo Conte “Via, via, vieni via di qui, niente più ti lega a questi luoghi… neanche questi fiori azzurri… via, via, non perderti per niente al mondo…”

- Nulla di più azzeccato – pensò.

Aprì il primo cassetto della scrivania in legno chiaro e il suo sguardo si posò sulla striscia  rettangolare di carta che riportava il calcolo della sua liquidazione dopo ben trent’anni di lavoro.

Sorrise a quel pensiero, la precedente Lara avrebbe investito all’istante quel piccolo capitale in una serena assicurazione pro vecchiaia, ma anche questa ormai rientrava tra le sue obsolete convinzioni. Il secondo cassetto custodiva due cartelline e una busta intestata. Lara accese il computer e aspettò il collegamento ad internet.

Capire per quale motivo la connessione fosse improvvisamente saltata non era poi così difficile, quel pc era un modello sorpassato e sicuramente era giunta l’ora di acquistarne uno di nuova generazione.

Una libera associazione di idee molto spiacevole fu a quel punto inevitabile, ma Lara accantonò subito il pensiero con un gesto della mano accompagnato da una legittima riflessione.

– È incredibile come cambiano gli obiettivi quando ti trovi ad affrontare un evento inaspettato che ti porta ad un punto di non ritorno. Tutto scorre inesorabile giorno dopo giorno, ora dopo ora.­

Le sue priorità si erano cristallizzate quando aveva aperto quella busta chiusa che giaceva da giorni nel secondo cassetto della scrivania. Rivide scorrere le immagini di un tardo pomeriggio di maggio e ripercorse mentalmente ogni singolo gesto. Percepì nuovamente il suono secco della busta che si apriva rivivendo quel malessere crescente e l’interminabile momento in cui aveva tenuto quel foglio di carta ripiegato nella mano.

- Avanti dannazione leggi! – aveva detto a se stessa e risentì l’eco delle sue parole rimbombare nella stanza.

Il referto medico era sintetico, due righe dattiloscritte in un comune foglio formato A4. Parole che si perdevano dentro quella pagina bianca come il vuoto che regnava nella sua mente. Le restavano pochi mesi di vita, solo sette come i colori dell’arcobaleno, massimo un anno. Era stato un vero pugno nello stomaco. Ricordò il calvario vissuto durante la settimana successiva, dominata da una totale e interminabile inerzia, che Lara chiamò il suo periodo rosso.

Adesso era lì, davanti al computer in attesa di collegarsi a Google in preda ad una esaltazione mai provata prima. Le sterili convenzioni non avevano più per lei alcun valore, era un vero privilegio trovarsi svincolata da ogni inibizione mentale e poteva cavalcare, senza sella, a briglie sciolte in groppa all’arcobaleno. E fu così che Lara avanzò nell’iride ed entrò nel suo periodo arancione all’insegna della libertà.

Il motore di ricerca si avviò e lei iniziò a digitare sulla tastiera. Lo schermo rimandava immagini fantastiche, aveva organizzato tutto nei minimi dettagli: sarebbe salpata dal porto di Savona per un giro del mondo che l’avrebbe vista per centoquindici giorni solcare sette mari e attraversare cinque continenti. Non solo era riuscita miracolosamente a concretizzare quella balzana idea, ma con la complicità dell’operatore turistico era riuscita a regalare la crociera anche ad una persona a lei molto cara, restando nell’assoluto anonimato.

Lara aprì il cassetto inferiore della scrivania: una delle carpette conteneva tutta la documentazione del viaggio e alcuni dépliant in cui si vedevano le cabine vista mare, l’altra custodiva la copiosa ricerca di informazioni scaricate online. Scovare il profilo richiesto non era stata un’impresa facile, ma grazie a quella indagine ora poteva coronare il suo desiderio.

Ogni giorno rigirava tra le mani i suoi foglietti pieni di appunti e li rileggeva. Oramai conosceva a memoria i contenuti, ma il solo leggerli era il modo per tranquillizzarla e avvicinarla al giorno della partenza.

La sera del 14 luglio Lara rientrò a casa prima del previsto, si guardò allo specchio e pensò che l’indomani sarebbe cominciata la sua avventura. Ancora non sapeva cosa avrebbe fatto, sicuramente avrebbe lasciato molto spazio all’improvvisazione.

La sveglia suonò alle 5.40, quella mattina la finestra era già spalancata e Lara osservò il Tevere e il Ponte Sant’Angelo, era l’alba. I tratti ben delineati dell’arcobaleno che vide nel cielo le sembrarono un evento straordinario di buon auspicio. Al principio i colori erano nitidi poi a poco a poco, alcuni sfumarono e si divisero in altri colori. Difficile capire se fosse magia o solo una percezione ottica di Lara, ma l’ultimo colore che vide sbiadire fino a scomparire, fu il giallo.

Lo speaker annunciò che era iniziato l’atterraggio a Genova, ora solo quaranta chilometri la separavano dal porto di Savona.

Lara andò sul ponte alto della nave, rivolta verso la banchina e quando il fischio della sirena segnalò la partenza fu molto emozionante per lei vedere la terraferma allontanarsi piano piano. Respirò a pieni polmoni, raggiunse la cabina 1684 e fu allora che incontrò quell’uomo, nel modo più banale possibile. Stava uscendo dalla cabina adiacente alla sua e i loro sguardi si incrociarono per un attimo, accompagnati dal  tipico sorriso di circostanza. Lara si trovò così di fronte al padre che non aveva mai conosciuto, perché gli era stata nascosta la paternità.

La cabina era una piccola reggia dotata di ogni confort. Sopra un tavolino, un ricco cesto di frutta dava il benvenuto agli ospiti della crociera e, accanto ad una bottiglia di spumante, un cartellino indicava l’orario della cena e il numero del tavolo prenotato.

Non esiste attesa che non sia accompagnata da una condizione di ansia e non c’era una frase migliore per descrivere come si sentiva Lara mentre aspettava il suo turno nella zona ristorante della nave. Sapeva in anticipo che a quel tavolo tra i commensali ci sarebbe stato il padre e in quella magica atmosfera, che in qualche modo le ricordava il ballo delle debuttanti, fu accompagnata al suo posto dal maître di sala. Seduta davanti a quell’uomo piacente e ben curato, cercò di trovare nel suo aspetto e nell’espressione del suo volto qualcosa che le somigliasse ma rimase delusa.

Al dessert si stupì della facilità con cui persone che non si conoscevano riuscivano a raccontarsi cose intime e private in un modo assolutamente naturale.

Poi, alla fine della cena, ci fu un fuggi fuggi generale. Alcuni andarono a ballare, altri continuarono la serata tentando la fortuna al casinò e Lara rimase sola con quell’uomo in un silenzio imbarazzante. Fu lui a rompere il ghiaccio.

- Una passeggiata alla scoperta di questa città galleggiante? – propose.

Quella sera tra loro scorsero fiumi di parole e suo padre raccontò e si raccontò fino alle tre del mattino, quando rientrarono nelle rispettive cabine.

Lara si mise a letto ed avvolta da una sensazione di intima familiarità, ripercorse mentalmente quella splendida serata, ripensando alle confidenze di Roberto. Era stato un affermato psicanalista e la dea della fortuna gli aveva regalato una meravigliosa crociera. Che cosa poteva chiedere di più alla vita? Per scelta non si era sposato e il suo unico vero rimpianto era quello di non avere avuto figli. Quest’ultima rivelazione aveva sprofondato Lara nel dubbio: doveva svelare una verità che avrebbe causato gioia e dolore o era più giusto tacere? Le sembrava di risentire l’ultima frase di suo padre:

- Capita che un evento della vita porti con sé la necessità di un viaggio per valicare un confine.

Ma qual era il confine di Lara?

Roberto l’aveva abbracciata e salutata senza attendere una risposta, le aveva lasciato la libertà di una lunga riflessione.

I mesi scorrevano veloci, più di quanto Lara potesse immaginare, mille luci illuminavano le notti, le voci e le risate si rincorrevano e accompagnavano le giornate.

Lara aprì il suo diario di bordo.

- Il mio compleanno - scrisse - Namibia 20 ottobre 2015.

Il suo arcobaleno si era dipinto di verde e di blu.

La nave era ancorata da due giorni nella baia di Walvis Bay, sulla costa atlantica dell’Africa, una finestra sull'oceano che dominava l’incantevole contrasto tra il mare e il deserto. Il sole quella mattina sembrava un’arancia, non c’era vento e tutto era calmo. Sentì bussare, un tocco gentile e affettuoso e quando Lara aprì la porta della cabina non c’era nessuno, solo una rosa rossa sulla soglia, accompagnata da un bigliettino.

- Ho trovato qualcosa che è bello almeno quanto te. Che ne diresti di parlarne noi due soli a cena? A dopo, Roberto.

Più leggeva quelle righe e più si sentiva smarrita, quella situazione inaspettata la obbligò a una lucida riflessione. In quel momento comprese che il rapporto tra lei e Roberto stava evolvendo in qualcosa di complesso, fin dai primi incontri si era creata tra loro un’intima complicità fatta di reciproche attenzioni. Sicuramente Lara non aveva immaginato di dover affrontare una simile situazione e, dopo aver valutato razionalmente tutti i momenti vissuti con Roberto, giunse alla conclusione che quell’invito poteva nascondere una proposta imbarazzante. Dopotutto avevano solo vent’anni di differenza, erano due persone mature e single, un atletico settantenne e una piacente cinquantenne. Lara concluse che doveva escogitare qualcosa, trovare subito una soluzione.

Mancavano diciassette giorni al termine della crociera, troppi per tacere, ma forse troppo pochi per raccontare la sua storia.

Giunse la sera in quell’angolo di paradiso che offriva un panorama mozzafiato. Il ristorante dalle ampie vetrate era sopra una palafitta e in quel tramonto era fantastico osservare le evoluzioni di un esercito di fenicotteri rosa che all’improvviso si alzarono in volo formando un incredibile aquilone dalle lunghe code oscillanti. In un attimo il cielo rimase vuoto e nello spazio restò solo silenzio.

Fu allora che Roberto citò un pensiero di Alda Merini.

- Non si scappa mai dai luoghi, né dalle persone, né tantomeno dalle circostanze: si scappa solo da se stessi.

Poi porse a Lara un anello molto originale, con un’incisione all’interno, "20.10.65 Lara".

Era la copia identica di quello che Lara portava al collo, un caro ricordo di sua madre.

La nuvola rosa riapparve in cielo e i fenicotteri cominciarono ad atterrare uno ad uno, totalmente indifferenti a ciò che stava accadendo in quel ristorante.

Lei alzò lo sguardo per riabbassarlo subito dopo, posò il flûte con deliberata lentezza, poi si appoggiò allo schienale della sedia e lo guardò.

- Sapevi tutto non è vero? – gli chiese.

Roberto annuì.

- Non ho mai creduto al destino. Sono convinto che per quanto le cose possano apparire casuali siano sempre precedute da un piano ben congegnato e non volevo in alcun modo disilludere le tue aspettative. Per giorni ho atteso che tu mi lanciassi un segnale, che iniziassi timidamente il discorso, ma le giornate passavano nel silenzio, diventavano settimane e poi mesi. A un certo punto ho pensato che tu non avessi per niente intenzione di parlarne, forse per paura, oppure per scelta. Qualunque sia la ragione ho deciso che è giunto il momento di svelare tutte quelle verità che abbiamo tenuto nascoste.

Roberto cercò gli occhi di lei e proseguì.

- Se vuoi delle risposte questo anello è la prima tessera del puzzle della tua vita.

Passarono interminabili minuti carichi di silenzio, poi Lara facendo l’occhiolino aprì il palmo della mano di suo padre e gli restituì l’anello.

- Questo ti appartiene – gli disse – custodiscilo con cura, è una parte importante dei tuoi ricordi. Non voglio conoscere un passato che sconfinando nel presente rischi di adombrare il nostro futuro. Ho semplicemente scelto di vivere solo di bellezza, di lasciarmi alle spalle tutto quello che è successo per goderci questo tempo come se fossimo due sconosciuti che si sono incontrati per caso e si saluteranno alla fine del viaggio.

- Sarà come un arcobaleno che ha un inizio e una fine – sussurrò Roberto con tristezza.

 

- No Roberto – rispose Lara – sarà come la bellezza di un arcobaleno che va vissuta e ammirata nell’immensa semplicità dell’attimo.

 

Lorella Miorali