Doveva finire così

Il gioco, il divertimento,la passione,la fama. La caduta e poi la risalita. Anzi,la salita.

Lo sport come la vita. Sbagli, ma non vuol dire che hai perso per sempre.

 

Oscar dà la buonanotte ai suoi genitori. La giornata è stata faticosa. La scuola, un piccolo aiuto al padre e poi......

Con lui dorme la sua bicicletta, la sua prima, vera, bicicletta da corsa. Oh, intendiamoci, la bici viene lavata accuratamente da Oscar ogni giorno. Nella vasca di casa, naturalmente.

Oggi ci  ha percorso almeno 50 km intorno alle zone dove abita e sopratutto su, in collina.

Si, perché Oscar quando pedala in pianura rischia di addormentarsi.Non fa fatica. E se non fa fatica non si diverte.

Ora Oscar fa parte di una squadra ciclistica locale. E' passato qualche anno da che si portava la bici nel suo letto. Ma continua a vincere. E a divertirsi. Quando la strada comincia a salire, soprattutto.

E' come se fosse in trance. In una realtà tutta sua. Un mondo fantastico. La salita, che per gli altri è solo un altro avversario da battere, per lui è un fedele alleato. Ammiccante. E vince, Oscar, vince ancora.

Oscar, adesso, è entrato nelle fila di una squadra di livello mondiale. E' un uomo, anche se ancora molto giovane. Non vince più tantissimo, ma fra i nuovi del circuito è il più forte. Indubbiamente.

 E comunque le vittorie che ottiene lasciano il segno. La firma del campione. Come la Z di Zorro. Sono vittorie che finiscono sugli almanacchi sportivi. Che la gente non si dimentica. E certo, perché  Oscar quando vince lo fa alla sua maniera. Scatti imperiosi. Gli altri provano a resistere una,due , tre volte. Alla quarta si arrendono. Oscar ormai è lontano. E' già al traguardo. L'ennesima vittoria.

Il su credo è che sia necessario andare più forte possibile in salita per abbreviare lagonia.

Oscar,adesso, è in camera sua. Quella d'albergo, dove è riunita tutta la squadra. Il suo medico gli dice che i valori del suo sangue sono anomali. I giudici, in questi casi, ti sospendono per tre settimane. I compagni gli sono vicino.

“Vedrai che è un errore” gli dicono.

Lui è disperato.

“Mangio quello che mangiano gli altri e bevo le stesse cose degli altri. Faccio quello che fanno gli altri!” Protesta.

Non si da pace. Poi, anche le contro-analisi confermano l'anomalia.

Il padre lo abbraccia. Gli dice di stare tranquillo  e che nel giro di tre settimane sarà di nuovo in sella. Lui neanche lo ascolta.  Se gli avessero sparato sarebbe stato  meglio. E' come un morto, se non fosse per il cuore che batte. Un morto che cammina. La bicicletta non la vuole più vedere. I tempi in cui la  adagiava con cura nella vasca da bagno per lavarla, come farebbe una madre con la sua creatura, sono lontani.   

Pensa di aver tradito i suoi tifosi. I suoi cari.  Lui, che ha fatto sognare con le sue imprese. Che ha fatto piangere di gioia giovani e vecchi.  Pensa che adesso nessuno vorrà più vederlo. Quindi , che senso ha correre? Ma i suoi tifosi non gli sono mai stati vicino come in questo momento. Lo incoraggiano a riprendere gli allenamenti.

Passa qualche mese. Oscar ora è di nuovo in bici. Ma si sente svuotato. Senza energie. Percorre qualche chilometro e davanti  a lui è come se vedesse le fiamme dell'inferno. Come glielo descrivevano da piccolo. Ed è come se queste fiamme lo stessero investendo. Ha la sensazione che la pelle bruci. Pensa che non avrebbe dovuto dare retta a quel tale. Quello pseudo - medico. “Solo una volta Oscar, per stare sicuro”. Così gli diceva. “Solo per metterti alla pari con gli altri”. Aggiungeva.

Ma dentro di lui sapeva di essere superiore. Comunque. Li aveva sempre battuti. Poi ci ha ripensato.

"Una volta sola. Per stare sicuri. Poi basta”. Dice a se stesso.

Ed ora eccolo qua, a lottare con i fantasmi. A far fatica per andare oltre un   cavalcavia.

Il giorno dopo ci riprova. Stesse sensazioni. Anche la nausea, adesso. Ad un certo punto, però, su di un muro a lato della strada nota una scritta: "Se pensi di non sbagliare mai, hai già perso. Pedala Oscar, pedala”.

E' come una scossa. Sente un fremito in tutto il corpo. Ora Oscar vola e qualcuno , dalle finestre delle abitazioni, lo riconosce ,lo incita. E piange. Forse ci siamo.

Sono passati sei  mesi dalla sosta forzata. Ed ecco la prima gara. Oscar non si sente come nelle migliori giornate. Si può capire. E' al rientro. Sulla prima salita perde terreno ma nulla è perso. Oscar continua e i fantasmi sono al suo fianco. Ma guarda avanti a se. Si libera di tutto quello che può rappresentare un ostacolo, anche solo psicologico,  al suo incedere. Alla sua rinascita. Via il cappellino, gli occhiali, la borraccia e l'orecchino. Sulla seconda salita è già con i primi. Uno sguardo a destra, uno a sinistra e parte. Uno scatto, due scatti. Davanti a se non ci sono più le fiamme. Nessun inferno. Al terzo scatto è solo. Si sente leggero, libero, una cosa sola con la sua bicicletta. La fenice che rinasce dalle sue ceneri. E incrementa la velocità, cosi abbrevia lagonia. E vince. Come una volta. Meglio di una volta. Perché adesso è passato attraverso la vergogna, l'umiliazione, la paura.  Lo sbaglio. E ha vinto. Adesso conosce alla perfezione la strada da seguire.

Salita o pianura che sia.


Gabriele Marcon