La sirena di Leuca

La piccola sveglia sul comodino in legno chiaro suonò. Erano la 5:30 e la sua camera da letto era inondata da una luce dorata come solo l’alba della sua città sapeva creare*.

Per pagare l’affitto di un attico a Monti si era impegnata ogni fine settimana con doppi turni al call center e con ripetizioni serali praticamente tutti i giorni, ma ne valeva la pena solo per la sensazione di vivere al centro del mondo, quasi all’ombra delle arcate del Colosseo e delle Torri dei Capocci e dei Graziani, che quella mattina d’estate sembravano spighe di grano.

Dal suo monolocale si raggiungeva la stazione Termini in un battibaleno: l’Intercity partiva alle 6:26 e sarebbe arrivata a destinazione alle 15:41, dopo ben tre cambi. Un viaggio scomodissimo, ma purtroppo l’unico che si poteva permettere. Da quando Nico si era trasferito a Lecce per il dottorato di Ricerca in Scienze del patrimonio culturale presso l’Università del Salento, non perdeva di vista occasioni last minute e under26, anche solo per poter stare qualche ora insieme a lui.

Stavolta avrebbero trascorso una settimana in giro in bici alla scoperta di coste e spiagge inesplorate: Nico non vedeva l’ora di mostrarle siti archeologici, cale nascoste, la ricchezza artistica, culturale e umana che aveva scoperto in quei posti che lo avevano come stregato, tanto che non riusciva più ad allontanarsene, neanche per le feste. Toccava sempre a lei imbarcarsi in folli traversate dello Stivale e questo aveva fatto nascere il dubbio di quanto Nico tenesse a lei e aveva rianimato la scarsa stima di sé che ogni tanto si risvegliava sin da quando era adolescente.

Stavolta l’aspettava un viaggio in seconda classe di quasi dodici ore fatto di sudore, puzza e asfissiante aria viziata, tanto valeva approfittarne per finire il manuale per l’esame di Filologia Celtica.

Al terzo cambio di treno, trovò posto di fronte a una bellissima ragazza bionda con un lungo abito bianco, talmente presa dalla lettura che sembrava non si fosse neanche accorta del suo arrivo. Era incantevole, sembrava una ninfa, una fata che brillava di luce propria, pur restando fredda e distante. Ginevra si rese subito conto che non ci sarebbe stato alcuno spunto di conversazione, così aprì il suo L'irlandese antico e la sua preistoria e, armata di post-it ed evidenziatori, si addentrò nei meandri della cultura celtica, tanto da non accorgersi, alla stazione successiva, che la sua compagna di viaggio non c’era più e aveva lasciato sul sedile il libro azzurro che stava leggendo. Provò a scendere per restituirlo, ma il treno aveva già chiuso le porte e stava ripartendo: il binario della piccola stazione era deserto, la ninfa sembrava svanita nel nulla.

Ginevra ritornò al suo posto e aprì il libro: aveva l’etichetta del prestito con su scritto 398.2 STA, come segnalibro una cartolina con la punta di una scogliera a picco su un mare cristallino e sul retro il messaggio “dove giace il mio cuore. Elena”.

Stiamo navigando nel mare delle scritture…

Dove i lucidi sogni dell’uomo

Diventano per qualche tempo realtà…

(Maria Corti)

L’epigrafe la intrigò a tal punto che non poté fare a meno di continuare la lettura.

Si svegliò di colpo da un terribile sogno dove le mancava l’aria mentre nuotava disperatamente cercando di raggiungere la superficie. Si guardò intorno e si accorse che il vagone era deserto: era arrivata a Lecce, finalmente! Ginevra si precipitò giù dal treno e si diresse correndo verso l’uscita alla ricerca di Nico, che l’aspettava trepidante sul piazzale della stazione. Era bello ritrovarsi tra le sue braccia ed era solo l’inizio di una meravigliosa avventura insieme, loro due da soli! Neanche l’implacabile afa di fine agosto avrebbe fiaccato il suo entusiasmo e il proposito di vivere giorni indimenticabili in giro in bici per… ma piuttosto dov’erano le bici?

- Ginevra, ti presento Elena, una cara amica che ho conosciuto al seminario di Etnomusicologia. È una persona meravigliosa e si è offerta di ospitarci a Leuca per tutta la settimana.

Alla guida di un maggiolino bianco decappottabile, la ninfa bionda porgeva a Ginevra la sua candida ed esile mano, mentre rivolgeva a Nico un ammaliante sorriso.

- È un grande piacere conoscerti - disse - Nico mi ha parlato tantissimo di te!

Senza dire una parola, Ginevra prese posto sul sedile dietro al passeggero, mentre nella sua testa si alternavano delusione, tradimento e rabbia, emozioni che cercava di non far trapelare per non turbare l’entusiasmo e la felicità di Nico, che, ignaro della tempesta che la presenza di Elena aveva scatenato in Ginevra, continuava amabilmente a tessere le lodi della sua amica: brillante studentessa al DAMS, esperta in biologia marina, cantante di musica popolare.

Ginevra si sentiva sempre più sprofondare nel sedile, pietrificata e corrosa da un dolore profondo.

Elena non aveva soltanto messo a disposizione la sua villa che si affacciava a picco sul mare, ma si era offerta come guida turistica e aveva pianificato tutta la settimana: prima tappa Roca Vecchia per un tuffo nella Grotta della Poesia, poi il centro storico di Otranto ed infine escursione alle grotte di Castro. Tutti posti che Nico sognava di visitare e sui quali Ginevra si era documentata a lungo per condividere le sue passioni e per mostrargli quanto tenesse a lui e a quella vacanza insieme.

Elena parcheggiò di fronte all’area archeologica di Roca Vecchia e, appena scesa dall’auto, cominciò a spogliarsi e a recitare la sua lezioncina sui resti dell’insediamento dell’Età del Bronzo, le maestose mura messapiche, la necropoli a strapiombo sul mare, l’isolotto con la Torre costiera. A Ginevra mancava l’aria, era sopraffatta dalla bellezza di quel luogo incantato e del corpo nudo di Elena che abbagliava con la sua pelle candida di madreperla iridescente.

- … adesso andiamoci a tuffare nella Grotta, è un’esperienza meravigliosa!

- Io vi aspetto qui sulla Torre - disse Ginevra - non ho voglia di bagnarmi.

Nico rimase stupito e deluso dalla sua reazione, ma, senza replicare, si voltò e raggiunse Elena che lo aspettava sul bordo della cavità. Ginevra li vide tuffarsi insieme tenendosi per mano, riemergere e sparire nuovamente sott’acqua. Dietro di lei una turista raccontava alla figlia l’antica leggenda della principessa che faceva spesso il bagno in quelle acque e con le sue magnifiche sembianze incantava moltissimi poeti, che per lei crearono centinaia di versi d’amore. Ginevra pensò a quanto fosse difficile non essere catturati dal fascino e dall’intelligenza di Elena.

Ad Otranto fecero solo una breve sosta in un bar davanti al Castello Aragonese: si erano trattenuti troppo nella Grotta della Poesia ed Elena temeva di far tardi ad un appuntamento che si rivelò essere una sorpresa per Nico. A Porto Badisco, infatti, l’aspettava un suo amico della Soprintendenza dei Beni Culturali per accompagnarli nella Grotta dei Cervi, la “Cappella Sistina della preistoria”, non accessibile al pubblico. Ginevra non aveva mai visto Nico così felice in vita sua: avrebbe realizzato il suo sogno di vedere il “Dio che balla”, oggetto della sua tesi di laurea.

- Io resto ad Otranto - disse tutto d’un fiato, senza pensarci due volte - sarei solo d’intralcio e avrei crisi di panico nei cunicoli stretti e bui. Andrò alla mostra sulla Grotta allestita qui al Castello, sarà come stare lì con voi.

E si diresse verso il ponte levatoio, senza voltarsi, per nascondere le lacrime che le annebbiavano la vista, devastata, ma allo stesso tempo sollevata, al pensiero di poter rimanere da sola, al sicuro nella sua corazza, al riparo dal dolore e dalla paura di fallire.

Quando Elena e Nico tornarono a Otranto per riprenderla, Ginevra li scorse da lontano: erano sporchi di fango ma raggianti, i loro visi risplendevano di felicità. Il sorriso di Nico, però, si spense non appena la vide in attesa sul pontile del vecchio porto: con il suo comportamento lo aveva messo in imbarazzo, era furioso.

Durante il tragitto in auto verso Castro, Elena si comportò come se non fosse accaduto nulla, Nico, invece, ignorò Ginevra completamente e non si voltò più a guardarla per coinvolgerla nei loro discorsi. La rabbia della ragazza cominciò a lievitare: lui avrebbe dovuto accorgersi di quanto era turbata, invece si preoccupava di cosa pensava Elena piuttosto che occuparsi dei suoi sentimenti.

A Castro, fu proprio tra i resti del tempio di Minerva, la dea delle virtù eroiche e della saggezza, che Ginevra decise di affrontarlo.

- Avresti dovuto dirmelo prima di partire che ci sarebbe stata la tua amica…

- Sei proprio una bambina - la interruppe Nico urlandole in faccia - non ti importa della figura che mi stai facendo fare? Dovresti essermi grata, hai la possibilità di passare del tempo con una persona tanto colta e innamorata della bellezza e della vita. Sono stufo di subire le tue insicurezze e la tua eterna depressione, lasciami libero di vivere!

Ginevra sentì il suo corpo irrigidirsi e trasformarsi in pietra: non riusciva più a muoversi, voleva urlare ma non le usciva la voce.

La svegliò il fischio del treno che avvisava i passeggeri dell’ingresso alla stazione di Lecce. Aveva dormito come un sasso, era talmente intorpidita che faticò a recuperare il libro azzurro cadutole dalle mani. Il treno portava quasi un’ora di ritardo e Nico, trepidante, l’aspettava al binario 1. Quando finalmente la strinse tra le braccia sembrava che non volesse più lasciarla andare, poi diede sfogo ad una contagiosa euforia.

- Volevo portarti il tuo gelato preferito, stracciatella, bacio e pistacchio - le disse pieno di entusiasmo - ma ho optato per un pasticciotto con la crema, ti serve energia per pedalare fino alla masseria che ho prenotato per stasera.

Commossa da quelle amorevoli premure, Ginevra divorò il dolce abbandonandosi al piacere e alla felicità: aveva perso Nico in un orribile incubo, ma nella realtà stavano per vivere insieme una vacanza da sogno. Montarono in bici diretti ai capolinea del COTRAP, dove iniziava la pista ciclabile e fu proprio lì che Ginevra vide la ninfa salire sul bus della linea 108, diretto a Santa Maria di Leuca.

Deviarono sul percorso cicloturistico, una strada bianca tra ulivi secolari, che li portò fino ad Acaya: Ginevra aveva letto su una guida che il castello ospitava l’affresco trecentesco della Dormitio Virginis e per stupire Nico propose di visitarlo. Nelle sale del castello rimasero estasiati nell’ammirare i fregi che da secoli con simboli e miti raccontavano storie di affetti e passioni, torture ed orrori. Uno in particolare suscitò in Ginevra una sorta di inquietudine che si tramutò addirittura in sgomento ore dopo, nella cattedrale di Otranto, quando, davanti al mosaico pavimentale raffigurante l’Albero della Vita, tra scene dell’Antico Testamento, simboli di culture diverse, riferimenti storici e mitologici tessuti insieme a rappresentare la lotta tra il Bene e il Male, scorse una sirena a due code sorridente accanto ad un delfino, la stessa immagine del fregio che l’aveva turbata nel castello di Acaya.

Per tutta la settimana Nico e Ginevra trascorsero giorni felici e spensierati alla scoperta di posti nascosti tra muretti a secco, pajare, scogliere e grotte da sogno; gustarono fichi, sagne ‘ncannulate, pucce, pittole, ballarono pizzica e bevvero buon vino a sagre e feste su lidi dorati.

Sull’Isola della Fanciulla a Torre Pali incontrarono un gruppo di giovani attori che narrava la leggenda della ragazza che ribellatasi al rapimento dei saraceni, fu gettata dalla nave e il suo corpo venne restituito dal mare proprio su quello scoglio. Più tardi sulla spiaggia davanti alla torre, al tramonto, gli stessi attori si esibirono in una danza ipnotizzante, accompagnati dalla musica di violini, chitarre, tamburelli. Le parole della canzone “Bellu lu cielu quannu sta stiddhatu, ete cchiù bellu se luce la luna. Mamma sirena...” (Mamma Sirena, Officina Zoè, 2015) restarono impresse nella mente di Ginevra come un incantesimo. Quella stessa notte, nel vicino agriturismo li Fani la ragazza trovò un libretto della pro loco su storia e attrazioni del posto: un tempo vi sorgeva la leggendaria città di Cassandra, dove, secondo la tradizione, c’era un mulino che macinava pepite d’oro, proprio dove si trovava quella che veniva chiamata dagli abitanti del luogo la “Grotta delle Fate”. Ginevra sentì un brivido percorrerle tutto il corpo, aveva già letto quella storia in un racconto del libro azzurro: c’era un pastore, Nicolino, che una notte fu attratto dalle ninfe in quella grotta.

Nico avvertiva che Ginevra era turbata da qualcosa, alternava eccessiva eccitazione a momenti di mutismo e straniamento; decise così di organizzare una sorpresa per la fine della loro vacanza: avrebbero trascorso l’ultima notte insieme sugli scogli di Punta Meliso sotto la luna piena, ad aspettare l’alba abbracciati.

Incantata dalla bellezza e dal candore di Leuca, Ginevra tornò allegra e gioiosa. Le grotte, il faro, il santuario con l’ara pagana dedicata alla dea Minerva la portarono in un’epoca senza tempo dove passato e presente si mescolavano in un abbraccio che richiamava quello dei due mari davanti a lei.

Nico le aveva dato appuntamento a mezzanotte sullo scoglio sotto il santuario e Ginevra si avviò verso la figura scura che intravedeva nella notte davanti al mare illuminato dalla luna. Solo quando fu vicina si accorse che non si trattava di Nico, ma della ninfa bionda, che seduta sullo scoglio guardava il riflesso argenteo della luna. Ginevra decise di affrontare i mostri che rendevano incubo la sua realtà e si sedette accanto a lei.

- Ho una cosa che le appartiene - le disse - un libro che ha dimenticato sul treno per Lecce.

- La ringrazio ma l’ho lasciato apposta - la interruppe Elena con un sorriso disarmante - È pieno di stereotipi e pregiudizi, riporta la versione più rassicurante e meno destabilizzante di una storia che non mi appartiene.

Ginevra, confusa, si guardò intorno e si accorse che si trovavano proprio sullo scoglio ritratto sulla cartolina. La porse ad Elena che quando la vide iniziò a raccontare.

- Il mio Luis somigliava molto al tuo ragazzo - disse con la voce spezzata dal pianto - era dolce e premuroso… ed era un attivista di Greenpeace innamorato di questo mare. Sparì misteriosamente dopo aver scoperto per caso e poi denunciato un traffico illecito di rifiuti. L’ho ritrovato qui, in una notte come questa, con il corpo dilaniato e l’ho seppellito nel suo mare.

Ginevra si sentì chiamare e si alzò per far cenno a Nico che la stava cercando ai piedi dell’edificio in rovina sopra la grotta Cazzafri. Quando si girò nuovamente vide Elena tuffarsi dalla punta dello scoglio. Fino all’alba i due ragazzi aspettarono che riemergesse, chiedendosi se quello che avevano vissuto fosse accaduto davvero o se si fosse trattato solo di un sogno.

Mariella Palese

*[incipit tratto da Se solo fosse vero di Marc Levy]