Il tempo gioca nello specchio

La piccola sveglia sul comodino in legno chiaro suonò. Erano le 5.30 e la sua camera da letto era inondata da una luce dorata come solo l’alba della sua città sapeva creare.*

Emma allungò un braccio e spense quella suoneria così invadente e assordante, rimproverandosi mentalmente come ogni mattina di non averla ancora cambiata. Sembrava d'accordo anche Ginger, che dai piedi del letto avanzò ondeggiando sulle zampette verso il cuscino della sua padrona, dandole il buongiorno con il nasino umido e fusa rumorose intorno al viso.

- Ci dobbiamo alzare, piccola gatta sorniona - le sussurrò Emma girandosi verso la finestra per lasciar entrare la luce negli occhi ancora mezzi chiusi.

Mentre si preparava il caffè, scalza e con Ginger che si strusciava tra le sue gambe, ebbe la sensazione di aver fatto un sogno denso e tormentato, che sembrava esserle rimasto ancora addosso. Si tirò indietro i capelli biondi tagliati a caschetto, si stiracchiò e con la tazzina di caffè in mano, affacciata dalla cucina che si apriva in un ambiente unico con il soggiorno, si soffermò su ogni oggetto e ogni mobile, lentamente: souvenir di viaggi, foto con la sua famiglia e con le sue amiche, quadri e stampe dei suoi pittori preferiti. Rifletté sul fatto che, a trentun anni appena compiuti, poteva vantare, con la fierezza autoironica di chi sente che sta invecchiando, di avere molto passato e tanti ricordi da poter raccontare. Certo di errori ne aveva fatti e di cose, potendo, ne avrebbe cambiate, pensò annuendo e facendo smorfie a se stessa, ma, tutto sommato, era convinta che ogni suo passo l’avesse portata fin lì, nella magica Praga dai tetti rossi, in quell’appartamentino all’ultimo piano che divideva con la sua gatta, che in quel momento la guardava perplessa e affamata con la testolina inclinata. Un miagolio di protesta la destò dalle sue sagge e profonde riflessioni mattutine e si rese conto che rischiava di fare tardi a lavoro. Quel giorno aveva appuntamento con dei turisti italiani che doveva andare a prendere in un hotel nella Città Vecchia per accompagnarli in visita al Castello.

Corse in bagno, si sciacquò il viso con forza, ma quando alzò lo sguardo verso lo specchio, l’immagine che vide riflessa le fece sgranare i suoi occhi color nocciola. Pensò subito di essere ancora intorpidita dal sonno e di aver visto male: si risciacquò quindi il viso, lo asciugò tamponandolo accuratamente con l’asciugamano che afferrò con un gesto affrettato e tornò cautamente a specchiarsi. Niente da fare, l’immagine riflessa non era cambiata. Rimase a fissarsi per alcuni istanti che le sembrarono un’etenità: non riusciva a mettere a fuoco cosa stesse accadendo e una serie di supposizioni le passarono nella mente, una dopo l’altra, sovrapponendosi tra loro, senza avere alcun filo logico di lucidità.

- Non è possibile - disse ad alta voce.

Ginger salì con un balzo sul mobile accanto al lavandino e la guardò come se partecipasse anche lei allo stupore del momento. Le gambe di Emma persero stabilità e le sue mani iniziarono a tremare, mentre si toccava il viso con un’incredulità crescente.

- Ma cosa sta succedendo? - si chiese con il cuore che le batteva fortissimo di paura mista a sorpresa - Questa sono io senza dubbio ma... sono giovane! Sono piccola! Dai, sto sognando!

Si girò verso Ginger.

- Mi vedi anche tu così o sono io che sto impazzendo? - le chiese impaurita.

La gatta appiattì all’indietro le orecchie, reagendo quasi spaventata al tono allarmato della sua padrona. Emma corse a guardarsi negli altri specchi della casa, sperando di ritrovare la sua immagine reale, seguita da Ginger che scivolava in curva per starle dietro. Ma tutti gli specchi, uno dopo l’altro, continuarono a mostrarle il suo aspetto di tanti anni prima. Già, ma di quanti anni fa? All’improvviso si fermò in mezzo al salone dove anche il vetro della porta finestra le rivelava il suo aspetto da ragazzina e fu attraversata da un’illuminazione.

- Quindici anni. Sono io a quindici anni. Certo. La prima volta che sono venuta a Praga, in vacanza con mio papà.

Emma era incredula e in balia di emozioni contrastanti: era confusa, disorientata e allo stesso tempo elettrizzata. Stava succedendo veramente e lei non poteva fare altro che calmarsi, raccogliere le idee e non farsi prendere dal panico, anche se non era per niente facile.

- D’accordo, sono tornata indietro di tutti questi anni, forse sto vivendo un viaggio spazio-temporale, forse sto ancora sognando o forse ho esagerato con il vino ieri sera, ma devo in qualche modo affrontare questa giornata e capire perché sta accadendo proprio a me.

Dopo quel discorso di autoconvincimento, si vestì cercando di camuffarsi il viso con gli occhiali da sole e un cappellino: di certo non voleva che le persone che la conoscevano rimanessero scosse o che i turisti si accorgessero che ad accompagnarli in giro per la città era solo una ragazzina.

- Come sto? - chiese rivolgendosi a Ginger, che le rispose con un miao poco convinto.

Mentre raggiungeva la sua destinazione, si rese conto di conoscere il percorso a memoria e riaffiorò in lei il ricordo vivido di quando, in viaggio con suo papà, aveva visto per la prima volta quei paesaggi con occhi pieni di meraviglia. Come avvolta da un’atmosfera magica e reale allo stesso tempo, percorse Ponte Carlo e le sembrò che ogni statua le sussurrasse qualcosa, le sorridesse, la chiamasse per nome. Improvvisamente vide Pavel, il pittore con gli occhi azzurri e pazzerelli che le aveva fatto un ritratto tanti anni prima, che stava disegnando la bozza di un viso di donna che sembrava proprio lei da grande. Mentre lo guardava estasiata, una folata di vento le fece volare via il cappello dentro la Moldava. Si sporse dal ponte per seguirne il volo, sentì il corpo leggero, socchiuse gli occhi ed ebbe un flashback. Ricordò che proprio in occasione di quel viaggio, una mattina che si era affacciata dal ponte per osservare i cigni sul fiume, aveva avuto la fortissima percezione che, in un futuro indefinito, quella città le avrebbe fatto vivere un’esperienza intensa, inquietante, ma preziosa: qualcosa che le avrebbe fatto cambiare vita e lavoro, qualunque fossero stati in quel futuro lontano.

Quel giorno era evidentemente arrivato. Ecco di cosa si trattava, qual era l’esperienza unica e surreale che era destinata a vivere: ritrovarsi nel suo corpo da quindicenne ma con la testa, l’anima e il vissuto dei suoi trentun anni. Avrebbe trascorso un’intera giornata immersa in quella doppia identità per mettere in comunicazione i sogni e i desideri della Emma ragazzina con quelli effettivamente realizzati dalla Emma donna. Iniziò a ridere, prima sommessamente, poi, a poco a poco, sempre più rumorosamente, in maniera nervosa e scomposta, tanto da incuriosire i passanti che si giravano a guardarla divertiti, inarcando le sopracciglia, accennando un sorriso contagioso e scambiandosi sguardi tra loro.

- Va bene, d’accordo! - disse ad alta voce annuendo e allargando le braccia con i palmi delle mani rivolti verso l’alto - vivrò questa giornata speciale e voglio capire a quale verità e a quale svolta mi porterà!

Era proprio convinta di ciò che aveva appena affermato, quando riprese a camminare scuotendo la testa e pensando che sotto sotto aveva sempre sospettato di essere un po’ magica.

Arrivò in hotel, salutò le colleghe in modo sbrigativo, cercando di non guardarle direttamente negli occhi e rispose sfuggente ad alcune allusioni impossibili da evitare.

- Ma che hai fatto stamattina Emma, sembri diversa! - osservò Claudia alla reception prima di avvisare il Tour Leader di radunare il gruppo per la visita.

- Sembri ringiovanita, di chi è il merito, me lo presti? - la stuzzicò maliziosa Katrina, mentre sparecchiava un tavolo vicino al buffet della colazione.

- Pensate a lavorare, pettegole! - svicolò Emma, allontanandosi dai loro sguardi insistenti per avvicinarsi e presentarsi al gruppo di turisti, con la conferma che il suo aspetto trasformato era visibile anche agli altri oltre che a lei. Veramente incredibile!

La visita al Castello fu bellissima, Emma si sentiva sospesa in una dimensione privilegiata, solo sua. La paura sembrava aver ceduto il posto ad una gioia folle, mentre dentro di lei cresceva sempre di più una nuova consapevolezza che scorreva attraversandole tutto il corpo, come una linfa vitale.

I suoi gesti erano decisi, la sua voce carica e il suo tono entusiasta: rispondeva alle domande dei turisti con trasporto e dedizione, il suo sorriso era contagioso e le persone erano rapite da lei e dalla sua luce. Anche chi non faceva parte del gruppo e capiva la sua lingua, si fermava a seguire le spiegazioni di quella ragazzina spigliata e preparata che si comportava come una donna nonostante il suo aspetto così fresco e giovanile.

Al termine del giro, Emma riaccompagnò tutti in Hotel e, una volta rimasta sola sulla strada verso casa, finalmente poté mettere insieme i pezzi e dare un senso alla sua nuova consapevolezza. Si rese conto che le piaceva parlare e raccontare a chi la guardava negli occhi e l’ascoltava con orecchie attente, la affascinava poter vedere il viso dei suoi interlocutori. All’improvviso le fu chiaro che voleva provare altro, che desiderava usare le parole scrivendole, seguendo flussi di coscienza, correnti emozionali e descrizioni senza limiti di spazio e di tempo e senza sapere chi avrebbe letto le sue righe, in quali mani sconosciute sarebbero finite. Capì che voleva mettere nero su bianco tutto quello che negli anni aveva visto, sentito, amato, sofferto, sperato, provato, temuto e vissuto. Si sentiva dentro piena di bellezza e di ricchezza tra ricordi, emozioni e vita. Era giunto il momento di provare e di cambiare, sarebbe diventata una scrittrice, avrebbe raccontato di sé, avrebbe aperto il suo cuore, anzi lo avrebbe spalancato, perché si sentiva pronta a farlo. Non era forse sempre stato il suo sogno? Sì e lo aveva messo da parte perché le situazioni e le circostanze le avevano presentato un percorso differente. Era sicuramente grata a chi era e a dove era arrivata, ma si convinse che ogni esperienza ha una sua durata e può andar bene per un certo periodo. Ora era arrivato il momento di riprendersi in mano quel sogno. L’essere tornata quindicenne le aveva permesso di ricordarsi dei suoi desideri di quando era adolescente e comprese che era quella la svolta che la stava aspettando. Aveva sciolto i suoi nodi ed era la sua occasione per prendere in mano la sua serenità ritrovata.

Entrò nel suo appartamento, Ginger balzò giù dal divano per andarle incontro, lei la prese in braccio e le baciò la testolina pelosa.

- Iniziamo a raccontare! - le disse, mentre, commossa, sorrideva alla sua immagine riflessa nello specchio dell’ingresso che le stava mostrando nuovamente il suo aspetto da trentunenne.

Quella sera Emma si preparò una buona cena, voleva festeggiare se stessa e la stranissima e speciale giornata appena vissuta. Si muoveva lenta e trasognante in cucina, scalza e in tuta. Mangiò in silenzio tra luci soffuse e con il sorriso stampato sul viso e Ginger seguiva i suoi movimenti con gli occhietti socchiusi, come fosse rapita dall’aria nuova ma rassicurante che emanava la sua padrona. Mentre sorseggiava un bicchiere di vino rosso, ammirando la vista della città offerta dalla sua finestra, Emma si immerse in alcune inevitabili riflessioni. Stava sbagliando a lasciare il suo lavoro per dedicarsi al suo antico sogno? Aveva l’età giusta e le caratteristiche adatte? Ce l’avrebbe fatta a mantenersi? E se poi avesse fallito?

Beh, quando si possiede qualcosa di sicuro e di stabile, è un rischio abbandonarlo per qualcosa di incerto, però se non ci si allontana mai da questa visione confortevole ma rigida, forse c'è il rischio di rimanere intrappolati per la paura e si rinuncia all’opportunità di rinnovarsi o mettersi in discussione. D’altronde, funziona così per tutto: nei rapporti con le persone, nel lavoro, in ogni ambito della propria esistenza si trascinano situazioni per inerzia e timore, perdendo varie occasioni di cambiare. Poi a volte si arriva a una svolta come tappa finale di un percorso, altre volte invece il cambiamento giunge all’improvviso in maniera inaspettata e bisogna saperne cogliere i segnali, perché potrebbe non ripresentarsi più. È questa verità che convince la nostra Emma e tutti noi dovremmo rifletterci: forse è un pensiero banale che non è la prima a scoprire, ma per lei è importante averlo capito proprio oggi, proprio adesso. Non esiste un tempo giusto, non esiste un modo giusto, esiste l’attimo di luce che illumina ogni singola persona nel momento in cui è pronta a vederla, a capirla, ad interpretarla e a farla sua. È da queste considerazioni che Emma inizierà a scrivere per sé e per gli altri, per fare un viaggio dentro se stessa e condividere con chi vorrà, pezzetti e frammenti della sua splendida vita.

Chiara Luise

*incipit tratto da Se solo fosse vero di Marc Levy

Reflejos de tiempo

El pequeño despertador en la mesita de noche de madera clara sonó. Eran las 5.30 de la mañana y su cuarto estaba sumergido en aquella luz dorada, que solo podía crear el amanecer de su ciudad.

Emma desplegó su brazo y apagó aquel sonido tan intrusivo y ruidoso, reprochándose en su cabeza como todas las mañanas por seguir con el mismo. Al parecer, estaba de acuerdo también Ginger, la cual desde los pies de la cama avanzó balanceándose en sus patitas hacia el almohada de su ama para darle los buenos días con su naricita húmeda y sus ronroneas ruidosas en su cara.

- Hay que levantarnos, gatita astuta- susurró Emma dirigiéndose hacia la ventana para que la luz despertara sus ojos todavía medio cerrados.

Mientras se preparaba el café, descalza y Ginger se frotaba entre sus piernas, tuvo la sensación de que había hecho un sueño intenso y atormentado que seguía tan real. Recogió hacia atrás su bob rubio, se estiró y con su copita de café en mano, observaba desde la cocina, que formaba un espacio único con el living, centrándose en cada objeto y mueble, lentamente: recuerdos de viajes, fotos con su familia y sus amigas, cuadros y grabados de sus pintores preferidos.

Pensó que aunque acababa de cumplir treinta y un años, podía afirmar con orgullo autoirónico de quien sabe que está envejeciendo, que ya tenía mucho pasado y muchos recuerdos a contar. Claro, había hecho errores y si hubiera podido habría cambiado muchas cosas, pensó haciendo muecas consigo misma, pero bueno, estaba convencida de que cada paso la había llevado hacia allí, en la mágica Praga con los techos rojos, en su piso en la última planta que compartía con su gata que la miraba perpleja y hambrienta con su cabecita inclinada. Un maullido en protesta la despertó de sus sabias y profundas reflexiones de la mañana y se dio cuenta de que estaba de retraso para el trabajo. Aquel día tenía cita con turistas italianos que tenía que recoger en un hotel en la Ciudad Vieja para una visita guiada en el Castillo.

Se fue al baño corriendo, se lavó la cara con fuerza, pero cuando se miró en el espejo, al ver el reflejo abrió sus ojos avellana de par en par. En un primer momento pensó que seguía aturdida por el sueño y que no había visto bien: volvió a enjuagarse la cara, la secó cuidadosamente con la toalla que agarró con un gesto rápido y volvió cautamente a mirarse. Nada: el reflejo no había cambiado. Quedó observándose por unos momentos que le parecieron una eternidad: no podía entender lo que estaba pasando y se le ocurrieron un montón de conjeturas, una tras otra, entremezclándose entre ellas, sin coherencia ni lucidez.

- No puede ser – dijo en voz alta.

Ginger subió con un salto en el mueble cerca del lavabo y la miró como si ella también estuviera participando en aquella maravilla. Las piernas de Emma vacilaron y sus manos empezaron a temblar mientras se toqueteaba la cara con una incredulidad creciente.

-ˁ Pero qué está pasando? - se preguntó con el corazón retumbante de miedo y de sorpresa – Por cierto esta soy yo pero.. ¡soy joven! ¡Soy una niña! Venga, ¡es un sueño!

Se dirigió hacia Ginger.

- ˁVes que soy niña o me estoy volviendo loca? - le preguntó asustada.

La gata agachó las orejas en respuesta al tono preocupado de su ama.

Emma se fue a buscar todos los espejos de la casa con la esperanza de que recuperara su imagen real y Ginger deslizaba en las curvas para seguirla. Pero todos los espejos, uno tras otro, seguían mostrándole su mirada de muchos años antes. Bueno, pero hace cuantos años? De repente se paró en el centro del living donde también el vidrio de la puerta francesa le desvelaba su mirada de niña y se le ocurrió una epifanía.

Emma estaba incrédula y flotando entre emociones contrastantes: estaba confundida, desorientada y entusiasmada. Estaba pasando realmente y ella solo tenía que calmarse, organizar las ideas y no dejarse llevar por el pánico, aunque no era nada fácil.

- Está bien, he vuelto atrás de muchos años, quizás sea un viaje espacio-temporal, a lo mejor sigo soñando o he exagerado con el vino ayer por la noche; de todas formas hay que enfrentarse el día y descubrir por qué está pasando justo a mí.

Al acabar su charla motivadora, se vistió intentando esconderse la cara con gafas de sol y un gorrito: por supuesto no quería turbar las personas que la conocían ni quería que los turistas se dieran cuenta de que su guía era de hecho una niña.

- ¿Qué tal estoy? - preguntó a Ginger, que le contestó con un miau poco convencido.

Mientras se acercaba a su destino, se dio cuenta de que sabía el camino de memoria y se despertó en ella el recuerdo vivo de cuando, de viaje con su padre, había visto por primera vez aquellos paisajes con los ojos llenos de maravilla. Como si fuera sumergida en una atmósfera mágica y real al mismo tiempo, recorrió Puente Carlo y le parecía que cada estatua le susurraba algo, que le sonreía, la llamaba por nombre. De repente vio a Pavel, el pintor de ojos azules y loquillos quien le hizo un retrato muchos años antes, el cual estaba esbozando una cara de mujer que se parecía a ella de mayor. Mientras lo miraba extasiada, una ráfaga de viento le tiró el gorrito en la Moldava. Se asomó al puente para seguir su vuelo, sintió su cuerpo ligero, entrecerró los ojos y tuvo un flashback. Se acordó de que justo durante aquel viaje, una mañana que se había asomado al puente para observar los cisnes en el río, había tenido una sensación muy fuerte de que, en un futuro indefinido, aquella ciudad le iba a donar una experiencia intensa, perturbadora pero única: algo que iba a cambiarlo todo, su vida y su trabajo, fueran cuales fueran en ese futuro lejano.

Ese día evidentemente había llegado. Tenía que ser esta la experiencia única y surreal que estaba destinada a vivir: encontrarse en su cuerpo de quinceañera, pero con la forma de pensar, el alma y las experiencias de sus treinta y un años. Iba a pasar todo un día en esa doble identidad para conectar los sueños y los deseos de la niña Emma con los que había realizado de hecho la Emma mayor. Empezó a reír, en un primer momento suavemente, luego cada vez más ruidosamente, de manera tan histérica y desquiciada que los que pasaban, curiosos, se daban la vuelta para mirarla divertidos, con cejas elevadas; insinuaban una sonrisa contagiosa e intercambiaban miradas entre ellos.

- ¡Vale, está bien! - dijo en voz alta asintiendo y abriendo los brazos con palmas hacia arriba – ¡voy a vivir este día especial y descubrir la verdad y el hito a los que me llevará!

Estaba totalmente convencida de lo que acababa de afirmar, mientras volvió a caminar sacudiendo la cabeza y pensando que en el fondo siempre había sospechado de que era algo mágica.

Llegó al hotel, saludó de prisa sus compañeras, intentando esquivar sus miradas y contestó de manera elusiva a unas alusiones que no pudo evitar.

- Pero qué has hecho esta mañana, Emma, pareces diferente! - dijo Claudia de la recepción antes de llamar el Tour Líder para que reuniera el grupo para la visita.

- Te ves más joven, a quién se debe eso, ¿puedes prestármelo? - la provocó maliciosamente Katrina, mientras quitaba la mesa cerca del buffet del desayuno.

- A trabajar, bocazas! - se escapó Emma de sus miradas insistentes para acercarse y presentarse al grupo de turistas, ya segura de que además de ella, incluso los demás podían ver su transformación. ¡Impresionante de verdad!

La visita al Castillo estuvo maravillosa, Emma se sentía como suspendida en una dimensión privilegiada, que solo le pertenecía a ella. Parecía que el miedo había dado paso a una alegría loca, mientras dentro de ella crecía cada vez más una nueva conciencia que recorría su cuerpo como fuera sangre vital.

Sus gestos eran seguros, su voz enérgica y su tono entusiasta: contestaba a las preguntas de los turistas con soltura y dedicación, su sonrisa era contagiosa y las personas estaban cautivadas por ella y por su luz. Incluso los que no formaban parte del grupo pero entendían su idioma, se detenían a escuchar los relatos de esa chiquilla desenvuelta y lista que actuaba como una mujer a pesar de su pinta fresca y juvenil.

Cuando el tour terminó, Emma acompañó el grupo al Hotel y por fin estuvo sola en el camino hacia su casa, pudo unir las piezas para dar un sentido a su nueva conciencia. Se dio cuenta de que le gustaba hablar y contar a quien la mirara a los ojos y la escuchara con atención, le fascinaba ver la cara de sus interlocutores. De repente le quedó claro que quería sentir algo nuevo, que deseaba utilizar las palabras escribiendo, recorriendo flujos de conciencia, corrientes emocionales y descripciones sin límites de espacio y de tiempo, desconociendo quién leería sus líneas, en qué manos extrañas acabarían. Entendió que quería poner por escrito todo lo que había visto, escuchado, querido, sufrido, esperado, sentido, temido y vivido durante los años. Se sentía llena de belleza, de recuerdos, emociones y vida. Había llegado el momento de intentarlo y de cambiar, iba a ser una escritora, a contar de sí misma, a abrir su corazón, a desnudar su alma, porque estaba lista para hacerlo. ˁNo llevaba una vida soñando con eso? Por supuesto y siempre lo había dejado de lado, ya que las situaciones y las circunstancias le habían ofrecido un camino diferente. Claro, agradecía quien era y las vivencias que le habían traído hasta allí, pero concluyó que cada experiencia tiene que acabar y puede estar bien hasta cierto punto. Ya había llegado la hora de recuperar su sueño. Volviendo a los quince años pudo acordarse de los deseos que tenía cuando era adolescente y descubrir que esa era la revolución que la estaba esperando. Había deshecho sus nudos y era su oportunidad para disfrutar de su nueva paz.

Entró en su piso, Ginger saltó del sofá para acogerla, ella la cogió en sus brazos y le besó su cabecita greñuda.

- ¡Empecemos a contar! - dijo mientras, emocionada, sonreía a sí misma reflejándose en el espejo de la entrada que había vuelto a mostrarle su cara de treinta y un años.

Aquella noche Emma se preparó una cena rica, quería celebrar a sí misma y al día muy raro y especial que acababa de vivir. Se movía lenta y soñadora en la cocina, descalza en su chándal. Comió en silencio entre luces tenues y con una gran sonrisa en la cara y Ginger seguía sus movimientos con los ojitos entrecerrados, como si estuviera cautivada por el aire nuevo y reconfortante que difundía su ama. Mientras sorbía su copa de vino tinto y contemplaba la vista de la ciudad que su ventana ofrecía, Emma se sumió en inevitables reflexiones. ˁEstaba haciendo lo correcto dejando su trabajo para dedicarse a su antiguo sueño? ˁTenía la edad adecuada y las características apropiadas? ˁ Podría mantenerse? ˁY si hubiera fracasado?

Pues, cuando tenemos algo cierto y seguro, es arriesgado dejarlo por algo incierto, pero si nunca no nos alejamos de esta visión aseguradora, pero rígida puede que haya el riesgo de quedarse atrapados por el miedo y renunciar a la oportunidad de renovarnos o cuestionarnos. Por otro lado, todo funciona así: en las relaciones interpersonales, en el trabajo, en cada contexto de nuestra propia vida, seguimos anclados en situaciones por inercia y miedo, perdiendo varias ocasiones de cambiar. Además, a veces logramos una trasformación como etapa final de un camino, otras veces en cambio, la metamorfosis llega de repente, de forma inesperada y hay que captar las señales, ya que podría ser nuestra última ocasión. Esta es la verdad de que nuestra Emma se convence y sobre la que todos deberíamos reflexionar: puede parecer una idea obvia y claro, Emma no es la primera en descubrirla, pero para ella es importante haberlo entendido justo hoy, justo ahora. No hay un tiempo justo ni una manera ideal, existe el momento de luz que alumbra cada persona justo cuando uno esté dispuesto a verla, entenderla, interpretarla e interiorizarla. A partir de estos nuevos conocimientos Emma va a empezar a escribir para sí misma y para los demás, para hacer un viaje al interior de sí misma y compartir con los que quieran, pedacitos y fragmentos de su vida maravillosa.

Chiara Luise