Il gruppo dei viaggiatori

La chiamavano Chiocciolina per l’abitudine a stare ripiegata su se stessa. Testa e sguardo costantemente rivolti verso il basso, la bambina sembrava contare i ciottoli del lungo viale che conduceva alla scuola. Quest’abitudine a non rialzare mai il capo stava iniziando a rovinare la sua postura: la schiena era arcuata come se sul dorso pesassero un infinito susseguirsi di anni invece che solo tredici primavere. Ma la ragazza era una vera bellezza: capelli castano dorato lisci spesso raccolti in una morbida crocchia, carnagione pallida e trasparente e lineamenti così perfetti da far sembrare il suo volto uscito da un quadro del Botticelli.

Non che Bettina, perché questo era il suo vero nome, non fosse intelligente, ma non ce la faceva proprio a relazionarsi con gli altri. Immersa nei suoi pensieri, non partecipava ad alcuna conversazione di amici o parenti e, qualunque accadimento, pareva lasciarla indifferente. Se in ambito scolastico venivano richieste abilità numeriche o di scrittura non esistevano difficoltà. Chiocciolina era più svelta e più pronta dei suoi coetanei e sempre la prima a consegnare i compiti in classe. Ma, se doveva rispondere a un’interrogazione, la ragazza abbassava gli occhi e si chiudeva in un mutismo ostinato. Le insegnanti disperate avevano iniziato a dialogare con lei con il computer e, con queste modalità, la fanciulla dava sempre risposte puntuali e precise. Questo suo problema era vissuto in maniera drammatica in famiglia. Soprattutto la mamma non si arrendeva alla realtà e sottoponeva di continuo la figlia a visite di specialisti di ogni genere, ma la risposta era sempre la stessa: Chiocciolina era chiusa irrimediabilmente nel suo mondo ed era molto improbabile che la situazione mutasse con il tempo. Il padre invece scrollava le spalle e sospirava rassegnato compatendo la moglie che non accettava questo stato di cose.

Come tutte le mattine Bettina si recò a scuola con gli occhi perennemente rivolti verso il basso. Se per lei erano difficili le relazioni con le altre persone, non si poteva dire altrettanto del rapporto con la natura e gli animali, almeno quelli che rientravano nel suo limitato campo visivo. Sapeva tutto dei formicai che incontrava lungo la strada e controllava ogni giorno, minuziosamente, a quale punto era il lavoro di approvvigionamento dei piccoli insetti. Le piaceva tanto anche montare coi suoi piedini sulle nodose radici della quercia che incontrava lungo il percorso, osservandone tutte le complicate sinuosità. Mentre si dedicava a una delle sue attività preferite, contare i sassi luccicanti che spuntavano dall’acqua nel ruscello che correva lungo il viale, udii un fragore rimbombante. Subito la fanciulla si tappò le orecchie, chiudendo contemporaneamente gli occhi come per difendersi. Quando li riaprì una scia luminosa correva lungo il suolo disegnando delle morbide onde fino a quando si fermò di scatto formando un semicerchio.

- Chi sei? – chiese la ragazzina con tono aggressivo.

Come per calmarla e farle capire che non c’era nulla da temere, lo strano essere emanò una luce più tenue e diffusa che infondeva tranquillità.

Una voce lontana rispose al quesito posto da Chiocciolina

- Io sono l’orizzonte – disse – se ti abituerai ad osservarmi, ti sentirai meno sola ed entrerai in contatto con tutti gli altri esseri.

- Non è possibile – pensò Bettina terrorizzata – io sarò sempre isolata e separata dal resto del mondo, nessuno può aiutarmi!

E, come per scacciare un’idea molesta, si mise a correre verso la scuola ancora più raggomitolata su se stessa.

La cosa magica, non osando più disturbarla, seguì per qualche attimo ancora il suo cammino e poi si dileguò facendo una giravolta su se stessa.

La vita si svolgeva uguale ogni giorno. Non c’era più nessuna traccia dello strano incontro che Chiocciolina aveva rimosso pensando di avere avuto un incubo.

Quella mattina la classe usciva in gita scolastica. Un’occasione di gioia per tutti i compagni e un’opportunità, per ogni studente, per cercare di allentare la stretta vigilanza della severa insegnante. Ma, per Bettina, niente di tutto questo. Mentre il bus correva per la campagna facendo sfilare davanti ai finestrini paesaggi colorati, la fanciulla non partecipava alle grida di stupore degli amici e al loro frenetico agitarsi. Anzi, quel trambusto era motivo di fastidio e di maggiore solitudine non riuscendo in alcun modo a fuoriuscire dal suo isolamento e unirsi all’allegria generale. La giornata prevedeva un’uscita sul lago e la natura, in quel mattino di fine inverno, presentava i primi sintomi di risveglio: prati costellati di primule cedevano il passo ai paesini di pietra variopinti arroccati sull’acqua e la neve era ormai confinata alla cima delle catene montuose che circondavano il bacino dove avanzavano piccole vele spinte dalla brezza.

Il pullman si arrestò e la professoressa fece uscire ordinatamente la scolaresca per condurla in passeggiata sul percorso che doveva rappresentare, visivamente, il romanzo del noto scrittore che i ragazzi si apprestavano a studiare in quei giorni. Chiocciolina, come al solito, fungeva da retrovia alla lunga fila di scolari che avanzavano lungo il tortuoso sentierino. Ad un certo punto la strada abbandonava i campi e diveniva particolarmente scoscesa e scivolosa affiancando il precipizio. La fanciulla non se ne curò, sempre intenta ad osservare i particolari del suolo che si snodava sotto ai suoi occhi. Un urlo tagliò, d’improvviso, la quiete dell’ambiente e scosse Bettina dalle sue consuete osservazioni. Una compagna, che si era allontanata dal gruppo, era scivolata in malo modo ed ora arrancava per riguadagnare la strada principale. Pur non sollevando lo sguardo, la ragazza avvertì il senso di pericolo e di gravità della situazione e cercò di avvicinarsi, ma la sua incapacità a sollevare la testa le impediva di essere d’aiuto.

Fu questione di un attimo: la scia luminosa apparve davanti ai suoi occhi e le rialzò il capo facendole vedere l’emergenza. Chiocciolina si sporse e guardando fissa negli occhi l’amica, pur senza parlare, le porse la mano e la tirò verso di sé tornando poi, subito, a reclinare il collo. Un senso mai provato fino ad allora di calore e di appagamento la pervase tutta mentre le arrivavano all’orecchio i commenti stupiti degli amici e i ringraziamenti dell’insegnante.

In un angolo l’orizzonte sorrise sornione.

Non si trattò di un episodio isolato. Sempre più spesso il nuovo amico veniva a far visita a Bettina interrompendo il suo isolamento. A volte succedeva in famiglia dove il fratello, abituato a non avere interlocutori, brontolava di continuo. Spesso il ragazzo era nervoso perché a scuola gli assegnavano compiti troppo impegnativi. Allora Bettina gli si avvicinava e , con un timido sorriso, in compagnia del senso di spazio e di respiro che gli donava sempre l’essere magico, sollevava il capo e si sedeva accanto a lui aiutandolo a risolvere i suoi problemi. A volte succedeva in classe dove Chiocciolina era solita soccorrere il compagno grasso deriso ed isolato dai compagni per la sua evidente obesità che gli rendeva estremamente complicato partecipare all’ora di educazione fisica. La fanciulla, che aveva vissuto le stesse difficoltà a causa della spina dorsale compromessa, man mano che, grazie al soccorso dell’orizzonte correggeva la sua postura, inviava dolci sguardi al ragazzino che lo facevano gongolare di gioia.

All’inizio di giugno una domenica, la famiglia decise di recarsi al mare. Era una di quelle giornate di inizio estate quando l’aria tersa era ancora colma dell’azzurro del cielo prima di essere resa opaca dall’arrivo della foschia dei mesi successivi. I genitori giunti sulla spiaggia, si sistemarono accanto alle dune e stesero i teli ansiosi di godere del relax agognato dopo una settimana di duro lavoro. I ragazzi correvano liberi sulla spiaggia senza alcun pericolo e ,quei momenti, erano di grande sollievo soprattutto per la madre sempre troppo gravata dai carichi familiari. Fu quindi con grande disappunto che la giovane signora si sentì scrollare dal figlio che la chiamava a gran voce.

- Vieni mamma, guarda cosa sta facendo quella pazza di mia sorella! - sibilò con voce ansimante.

La madre si alzo e salì sulle dune rivolgendo lo sguardo verso il mare. In riva all’acqua Chiocciolina, con il capo completamente sollevato, salutava l’orizzonte facendo vasti gesti con le braccia e saltellando in continuazione. La mamma, costernata si sentì agghiacciare il sangue e con voce disperata si rivolse al marito che nel frattempo l’aveva raggiunta.

- Non c’è niente da fare, quella ragazza è un disastro, occorrerà portarla a far vedere da altri specialisti. Il miglioramento è stato solo apparente.

Ma Bettina, udite quelle parole , smise il suo agitarsi scoordinato e corse verso la madre.

- Non ce n’è bisogno stai tranquilla - scrisse sulla sabbia con un bastoncino – Sto solo salutando il mio amico orizzonte.

La donna non disse nulla e la strinse a sé sollevata, ma sospirò non avendo affatto capito il significato di quelle parole.

Ormai la chiamavano quasi tutti Bettina, perché la sua andatura incurvata era solo un ricordo. La ragazza con sguardo attento e vigile seguiva ciò che avveniva nel mondo circostante anche se le risultava ancora difficile esprimersi sempre verbalmente. Di pomeriggio, terminati i compiti, aveva preso la consuetudine di salire il viale che costeggiava la sua abitazione. Lungo il percorso si fermava spesso ad osservare un’anziana signora che coltivava il suo orto. Più di una volta la donna l’aveva invitata ad aiutarla. Mentre stava china sul terreno con il volto rivolto verso il basso, le era capitato di riflettere su come fossero diverse le finalità tra l’attuale e la vecchia postura: ora non era più triste e chiusa al mondo ma intenta a donare la vita coltivando la terra. La massima gioia era però correre fino a raggiungere la sommità del colle e stare seduta osservando il tramonto. Lì, immersa nell’orizzonte, godeva dell’intenso senso di quiete che s’impossessava di lei. Fu proprio in una di quelle sere, mentre era assorta nello spettacolo, che la comparsa della scia luminosa la fece sobbalzare.

- Ciao Chiocciolina ormai ti sei aperta al mondo e non hai più bisogno di me – sussurrò l'essere magico – non si può dire altrettanto di tutte quelle persone che costantemente ripiegate su se stesse non fanno altro che lamentarsi e pensano di essere le più sfortunate del mondo. Se alzassero gli occhi e mi guardassero un po’ più spesso apprezzerebbero le meraviglie del creato, si sentirebbero meno sole e la tristezza scomparirebbe dal loro cuore.

Dopodiché si allontanò e, formando un vortice, iniziò a salire lentamente verso l’alto fino a farsi inghiottire completamente dal cielo. Bettina rimase lì per qualche attimo con il naso all’insù e poi accompagnò la dipartita del suo caro amico con un cenno di saluto.

Un’ondata di eccitazione aveva invaso la scuola risvegliando l’attenzione anche dei soggetti più pigri e disattenti, Chiocciolina che ormai aveva superato quasi completamente le sue problematiche, aveva spiegato alle insegnanti la sua esperienza tralasciando, però, i particolari e l’incontro con l’essere magico, intuendo che scarsissime sarebbero state le possibilità di essere creduta. La Preside aveva così riunito tutto il corpo docente per discutere quanto accaduto. Un anziano professore, decisamente in sovrappeso e con una parlata con l’erre moscia marcata, prese la parola.

- Non è solo Bettina ad avere problemi di isolamento – disse – ma tutti i nostri ragazzi sono immersi nei social per l’intero arco della giornata, con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti: perdita del contatto con la realtà e impoverimento dei rapporti interpersonali.

- Certo è proprio così – approvò la dirigente con tono autorevole – occorre quindi partire da questa riflessione per cercare di essere d’aiuto ad ogni nostro studente, chi ha proposte si faccia avanti.

Una voce esile e timida ruppe il silenzio generale. Tutti guardarono con una certa aria di superiorità la giovane precaria che aveva avuto il coraggio di prendere la parola, ma quando iniziò ad esprimere le sue intenzioni, i professori la ascoltarono con evidente interesse.

La proposta consisteva nel portare la scolaresca al mare in orario extra scolastico per facilitare la comunicazione del gruppo. Detto e fatto: un sabato mattina tutta la classe era già pronta per montare sull’autobus che l’ avrebbe condotta sulla costa. Chiocciolina non stava più nella pelle: non avrebbe mai pensato di essere così presa in considerazione e di diventare un punto di riferimento per l’intera scuola. Con grande allegria la comitiva si predispose per la gita. Giunti sul luogo, dopo una breve passeggiata, una delle professoresse fece disporre gli alunni in semicerchio con l’ordine tassativo di mettere via il telefonino. Nonostante le indicazioni, molti si attardavano ad inviare messaggi e, in particolare, uno dei ragazzi, non fece caso al comando dell’insegnante.

- Riccardo, ti decidi a riporre il cellulare? – urlò con voce irritata la donna.

Il giovane puntò su di lei due occhi vispi e ribelli ed infine si decise ad ubbidire cercando il modo di sedersi di fronte a Bettina.

- Adesso guardatevi a lungo ed intensamente negli occhi - continuò sempre la stessa professoressa.

Riccardo fissò Chiocciolina e si rese conto per la prima volta di quanto fosse bella. Non si era mai accorto del colore dei suoi occhi pieni di pagliuzze dorate! Pensieri simili attraversarono la mente di molti ragazzi: a furia di parlare via social era caduta in disuso l’abitudine di guardarsi direttamente nel volto e di scoprire i sentimenti altrui. Quando tutti ormai avevano accolto le emozioni degli altri, fu dato l’ordine di rompere il cerchio e di disporsi in fila ad osservare il cielo e l’orizzonte. Una grande pace scese nel cuore di ognuno, ma una voce squillante ed argentina interruppe l’incanto.

- Ma non abbiamo ancora dato un nome a quest’attività – osservò Riccardo fissando con aria interrogativa la sua insegnante.

- Lo chiameremo il gruppo dei viaggiatori! - cinguettò La vocina delicata e melodiosa di Bettina.

- E perché mai – chiese il giovane stupito – non mi sembra che stiamo viaggiando!

- Fissare l’orizzonte può condurre la nostra anima molto lontano! - sussurrò la ragazza.

Un grande applauso seguì le parole della fanciulla che, commossa, formulò tra sé, colma di felicità, il suo ringraziamento all’essere magico.

Cristina Manuli